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(uomo) Voi aspettate fuori.
Ce la sbrighiamo noi e facciamo presto.

- Ma che posto è per un appuntamento?
- (donna) Ha chiesto di vederci qui.

- Ma un'ora fa.
- (uomo) Anche a me.

II motivo, però, non si è degnata
a dirmelo. Ti sembra normale?

- Le persone hanno da fare. Io ho da fare.
- Anch'io.

- Ma questa chiama e che fai?
- Non vai?

Appunto. Lei dov'è?
Non c'è neppure la sua macchina.

- Mi ha avvertito che è in ritardo.
- Pure?

Noi però possiamo aspettarla dentro.

Che zozzeria.

E rimasta la stessa.
Non è cambiata per niente.

Ma come?
Anche tu hai fatto la scuola qui?

È per questo che ci mando Giordano.
Gli anni più belli della mia vita.

No, io ce l'ho iscritto solo perché è
a cinque minuti da casa. Comodissimo.

Eppure Cristian è così viziato che vuole
farsi accompagnare e venire a riprendere.

La tata non ha la patente e quindi...
ci mando la madre, almeno fa qualcosa.

Qui c'ho perso la verginità.

- Anche tu hai perso la verginità qui?
- Non mi sembra un luogo adatto.

Siccome anche tu hai frequentato
questa scuola, pensavo che...

- Gli anni più belli della tua vita.
- Bellissimi. Spensierati.

La puzza è rimasta la stessa.

Neanche gli attrezzi hanno cambiato.
Forse giusto i palloni.

No. Neanche i palloni.

Ma non sarà pericoloso?
Se crolla qualcosa?

Certo che è pericoloso.
Dovrebbero cambiare tutto qua dentro.

Mi ci arrampicavo io su quella pertica
ed era già vecchia all'epoca.

Salivi e tremava tutto.

Mi interessava solo farmi vedere
da Deborah.

In cima, lassù, vincitore.

Chi è Deborah?

Deborah Campiello, la ragazzina che
qua dentro tutti si volevano scopare.

- E non mi riferisco solo agli alunni.
- E tu ci sei riuscito, scommetto.

Ci sono andato vicino così.

Poi ho ripiegato su Alessia, Alessia
Romano, la sua compagna di banco.

Meno tette, ma era comunque convinta
che ci avrebbe conquistato il mondo.

L'ho cercata su Facebook, qualche mese fa.

- Deborah o l'altra?
- Entrambe.

Deborah è diventata il triplo
di quello che ricordavo.

Non ha partorito dei figli:
ha fatto una cucciolata.

Enorme, grossa così.

Non le ho nemmeno chiesto l'amicizia.

Alessia, invece, non è cambiata granché.

Ma neppure a lei ho chiesto l'amicizia.

Anche io ero cotta del bello della scuola.

Ah, sì?
Scommetto che non t'ha mai filata.

Ci ho fatto Giordano.

- Ma dai! Anche Simone veniva qui?
- Fino alla terza superiore.

- Da quant'è che non si fa vivo?
- Con me da Natale.

Ma ho scoperto che Giordano e Simone
si scrivono su Instagram.

- Spii il telefono di tuo figlio?
- Certo. Devo controllare.

- Lo farebbe chiunque.
- Io no.

Perché non sai sbloccare
il cellulare di Cristian.

Sai cosa penso di Simone, però.

- Sei solo geloso.
- Senza dubbio.

PALLONATA

Cristian! Maledetto! Piano!

Se ha combinato un'altra delle sue cazzate
giuro che questa volta lo diseredo.

Perché mi troverei qui altrimenti?

Però, almeno, stiamo insieme.
Dovrebbe essere sempre così.

SBLOCCA IL CELLULARE

No, no, no.
La conference call la devi spostare!

Ovviamente. Ma ci fai o ci sei?

Ma questa quando viene? Non posso buttare
tutto il pomeriggio qua dentro.

Penso di sapere perché ci abbia chiamato.

Per giovedì scorso.

Giovedì scorso?

- Giovedì scorso.
- Cos'è successo giovedì scorso?

All'uscita di scuola, nella tua macchina,
mentre aspettavamo mio figlio, il tuo?

- Ah.
- Eh.

Già. Beh?

- Magari ci ha visti.
- Chi?

- Lei, la preside.
- No.

- E perché no?
- Ma no. Ma perché? Ma quando?

Giovedì.
Perché mai saremmo qui, sennò?

Quindi pensi che ci abbia visto qualcuno?

Non qualcuno: lei.

Nella mia macchina tu sei salita
a caricare il telefono.

Se è questo quello che vuole,
noi dovremo dire quello che è successo,

dovremo dire la verità e questo è quello
che è successo, nient'altro che la verità.

Io mi arrabbierò, tu ti arrabbierai.

Me lo devi promettere, lo devi fare.
Ti devi arrabbiare, ma senza innervosirti.

Quella donna, la preside, cosa ha visto?

Anzi, che cosa crede di aver visto?

- Vorrà farci ragionare.
- Ma ragionare su cosa?

Io posso fare quello che voglio,
a parte che non ho fatto niente.

Penserà al tuo matrimonio.
A mio figlio, al tuo.

Ma pensasse ai suoi.
E non si azzardasse...

- È per giovedì scorso!
- E basta con questo giovedì scorso!

Qualsiasi cosa la
preside abbia visto, è falso.

Tu sei salita nella mia macchina.
Hai caricato il telefono nella mia vettura.

Mercoledì, giovedì, venerdì,
qualsiasi giorno in cui questa tizia

crederà d'aver visto chissà che cosa.

- Dobbiamo arrabbiarci, eh?
- D'accordo.

Se ti viene da piangere, piangi pure.

Ma dobbiamo essere molto arrabbiati.

E increduli. Ma mai nervosi.

Dobbiamo uscire da questa palestra...

con una situazione calma e sicura.

Non adesso, dai. Basta, Franco.

Basta.

COLPI SULLA VETRATA

Mi raccomando, incazzata.

- Salve.
- Salve. Io sono Aldo Stanchi.

- Lei è mia moglie Rossella.
- Piacere. Franco Zucca.

- Piacere.
- Molto piacere.

- Siamo i genitori di Arsen.
- Ma certo. E in classe con Giordano.

Mio figlio: Giordano Majano.

Prego.

- Come ha detto che si chiama?
- Aldo.

Ah, mio figlio? Cioè, nostro figlio.
Arsen.

- Ah, il ragazzo di colore?
- Sì.

- Noi siamo i genitori adottivi.
- Certo, ovviamente.

E lei è Minnie, è timida.

- Lei è il padre di Cristian?
- Ci siamo già conosciuti?

No, ma vi somigliate.
Proprio la forma della faccia.

- Ma anche gli occhi, proprio.
- Beh. Grazie.

Non posso dire lo stesso di voi.

RIDE

E una battutaccia, scusate, scusatemi.

Comunque la cosa importante
è il carattere, no?

- Arsen ha un bellissimo carattere.
- Sì.

È venuto con noi a Gardaland,
adesso che ricordo.

Ah, bella Garda...

- Noi abbiamo un appuntamento qui.
- Pure noi siamo stati convocati.

- Ma si può sapere perché?
- Amore, dai...

È quello che ci stiamo
chiedendo tutti, non...

Cosa mai vorrà questa buontempona?

Io avevo appena staccato dall'ospedale,
mi è arrivata questa telefonata.

Allora, niente, sono andato a casa, ho
preso subito Rossella, Arsen e Minnie.

E la preside non si è ancora degnata.
Ma non v'ha anticipato nulla?

Ma avremo fatto bene a portare
Arsen e Minnie?

- Perché magari non si poteva.
- Portare il cane o il figlio?

Se lo lasciamo solo a casa, piange tutto il
tempo e la dirimpettaia si lamenta con noi.

Io ero uscito da studio
per prendere Cristian a calcio

e non allungavo di certo il tragitto
per lasciarlo a casa.

- Almeno loro si stanno divertendo.
- Eh, già.

PALLONATA

MINNIE ABBAIA

No, no, no.
Buona. Buona. Buona. Non è niente.

Era solo una pallonata. Tutte Ie cose
violente la spaventano, come i temporali.

Vostro figlio è più bravo del mio.
Cos'è? Uno e settanta?

Sî. A soli 13 anni.

Non è estremamente difficile risalire
all'età di questi ragazzi in Paesi...

No. Noi l'abbiamo saputo con sicurezza
quanti anni avesse Arsen.

- E poi perché dovrebbero...
- No, era così... tanto per dire.

Com'è Arsen a calcio?

Una Schiappa.

Vabbè, gli rimane il basket.

(Rossella) Ma a voi non sembra strano...

che ci abbia chiesto di venire...
così, da un momento all'altro?

Giordano sta perdendo lezione di chitarra.

E se hanno combinato qualcosa di brutto?

L'ho sentito suonare l'anno scorso
alla recita di fine anno.

- Un vero talento quel ragazzo.
- Grazie.

Mettesse nella scuola la metà degli sforzi
che mette nella chitarra.

E vostro figlio che faceva?
Nella recita intendo.

No, il nostro Arsen faceva una piccola
parte. Era verso il finale.

Lei ricorda? Cioè a un certo punto c'era
quel monologo di quella ragazza.

Non perfettamente, no.

Lui faceva parte di un gruppo,

ma il suo non era proprio
un vero e proprio parlato.

Più che di recitazione si trattava di...

- Ballo.
- Esatto, ballo.

Ma non era una cosa lunga.
Era prima di.

Dell'assolo di suo figlio.

- Ora forse mi ricordo, la break-dance.
- No.

No, la break-dance era molto prima.
Ha presente il girotondo?

- Sì.
- Ecco, Iî l'ha visto di sicuro.

- II girotondo, certo.
- Non la break-dance. Perché era...

E invece che faceva Cristian?
Non ricordo.

No, non c'era. Quel giorno siamo
dovuti partire all'alba per le vacanze,

ma non penso che la sua assenza
si sia fatta sentire.

Peccato.

Sono convinta, invece,
che suo figlio ne abbia sofferto.

Mah. Eravamo in un
resort alle Seychelles.

- Le recite sono molto importanti.
- Non lo metto in dubbio.

La fuori, al caldo, seduti uno sull'altro,
sudati, assetati a guardare i girotondi.

No. È il momento.

Lo stare assieme dei nostri figli,
uniti in una cosa che va bene.

E poi gli applausi alla fine.

Non lo metto in dubbio.

Beh, il nostro Arsen era proprio...
molto contento. No?

Neppure il mio Cristian si lamentava.

- Si potrà fumare qua?
- Non credo, ci fanno sport i ragazzi.

- No, amore, è vietato.
- II fumo va in alto, si disperde.

- Ma possiamo andare in bagno.
- Ah, grazie.

Se mi inviti a casa tua io mi metto
comodo. Soprattutto se devo aspettarti.

Aldo non deve fumare, gli hanno trovato
anche delle placche nella carotide.

— Quindi lavora in ospedale?
— Sì, esatto.

- Chirurgo?
- Accoglienza.

- Mh?
- Nella sala d'aspetto.

- C'ha presente i codici?
- Ma... dipende.

Codice bianco, giallo, verde, rosso.

- No, mi dica.
- Ecco, io in quella sala,

mi occupo
che tutto si svolga per il meglio.

Metta per esempio che... che ne so... che
si presenta un banalissimo codice bianco,

uno che magari è Iî
per un semplice mal di stomaco

e che appena arriva
si mette a sbraitare al telefono,

non prestando la minima attenzione
a chi gli siede accanto,

magari... che ne so, un codice giallo, no?

Un poveraccio, in barella,
che urla e sbraita per tutto il tempo

perché magari ha avuto
un incidente stradale.

Non una cosa gravissima, non una cosa
grave, però comunque sempre...

sempre molto dolorosa, no?

E ora si deve sorbire pure
quello che sbraita al telefono.

- Certamente.
- Ecco. È Iî che intervengo io.

Giusto. Giusto.

C'ha da accendere?

- Prego.
- Grazie.

Che poi è buffo perché in quelle sale
puoi rimanere ad aspettare 5, 6, 7 ore

ma poi quando arriva il tuo turno
la gente è come se... Non capiscono.

Se ne stanno Iî con il loro biglietto
in mano, tutto stropicciato,

è il loro turno, è scritto grande
e grosso così sul monitor.

E in quel momento, ancora una volta,
intervengo io.

Può capitare molte più volte
di quanto uno si immagina, sa?

Ah, sî. Interessante.

— L'accendino?
— Prego?

Mi può ridare l'accendino?
Ci tengo.

Cazzo, mi scusi.
Con gli accendini sono terribile.

Poi questo è bellissimo, complimenti.

La sera quando torno a casa me
ne posso trovare anche dieci in tasca.

Anch'io ho pensato di adottare un figlio,
un paio di volte. Da giovane.

- È una procedura molto lunga?
- Sì.

Però, se uno è deciso.

E com'è che poi non avete proseguito?

- Perché poi è nato mio figlio vero.
- Ah.

Io e Rossella non abbiamo potuto
avere figli... veri.

Ah, bene no?
Ne
senso non ci sarebbe...

Arsen, giusto?

E lei? Di che si occupa?

Compro e vendo immobili.
Ho una mia società.

— Case.
— Beh, sì, ma non solo.

Stabili, terreni.

Qui si parla di ville, rustici,
casali, Ioft, attici.

- Beh, quindi?
- No, nel senso...

case, il termine che ha usato
lei, è un termine sbagliato,

è infinitamente generico.

È come se io, solo perché lei
lavora in ospedale, la chiamassi dottore.

E invece no.

- Allora mi scusi.
- No, no.

Anzi no, complimenti per la sua attività.
E si guadagna molto?

Molto è soggettivo.

Sa, io e Rossella
stiamo a casa della madre.

Pace all'anima sua è venuta a mancare
dieci anni fa.

È un bell'immobile,
quello in cui siamo.

Settanta metri circa, un balconcino,

secondo piano di cinque.

Sì, forse la zona è un po'...
siamo un po' fuori.

Più che altro è campagna dove siamo,
a è un bel posto.

Anzi, guardi,
le prometto dovessi decidere di vendere,

sarà la prima persona a cui mi affido.

Ma diamoci del tu.
Vuoi la mia business card?

- II mio biglietto da visita?
- Come no, certo, ma sî.

Ecco. Questo è proprio il genere di cose
che possono sempre servire.

Come gli accendini in tasca.

Quindi anche lei è socio al tennis?

È più corretto dire che sono
nel consiglio direttivo del circolo.

Che le avevo detto?

Abbiamo un'idea del perché
saremmo stati convocati qui.

Ovvero?

Forse, finalmente,
vogliono sistemare questo posto.

È chiaro. Guardate gli attrezzi,
sono tutti arrugginiti, sono vecchi.

Poi la manutenzione non esiste,
proprio tutto abbandonato,

ma non sono solamente gli attrezzi,
ci sono anche i gradini, i vetri.

Scommetto che le vetrate
non sono antisfondamento.

Pensate se una pallonata
come quella di prima

la facesse esplodere in mille pezzi.

È assurdo solo pensare che i nostri figli
corrano e giochino in un posto come questo.

E il circolo del tennis, in tutto questo,
cosa c'entrerebbe?

Magari la preside vuole
che Ie venga donato qualche attrezzo.

- E io che c'entro?
- Sei nel Consiglio.

La preside lo chiede a te,
tu lo riferisci agli altri soci.

Qualche attrezzo che non usate più.

Primo, noi non siamo
una polisportiva.

Secondo, non abbiamo
attrezzi che non usiamo più.

Terzo, gli servono le racchette?
Se le andassero a comprare.

Sono solo congetture, in effetti.
Solo pensieri.

Io, comunque, un piccolo extra
lo pagherei per dare una mano.

Pagare? Dare una mano? Ma siamo matti?

E questa ci avrebbe convocato
d'urgenza per rimodernare la palestra?

Se n'è accorta solo oggi pomeriggio
che cade a pezzi?

Allora è d'accordo con me?
Cade a pezzi.

Ma tutto il mondo cade a pezzi.

Scusate però. Io appoggio Franco,
non me ne vogliate, però...

per questo genere di cose
ci vogliono Ie assemblee

e poi io e mia moglie
che cosa ci faremmo qua?

Io non l'ho mai sentito nominare
un circolo del tennis.

In vita mia non sono mai stato
in un circolo tennis.

(Rossella) Ma perché lavori in ospedale.
Amore, pensaci.

Infermieristica, il primo intervento,

- le cassette di pronto soccorso...
- E chiamano me?

Noi non ce lo possiamo permettere.

Io sto all'accettazione,
questo è il mio lavoro.

Potresti chiedere, almeno.

- Signore, non è cosi che funziona.
- Lo senti? Non funziona cosi.

- Ho capito"
- Non è che uno chiede e...

È come dice lui.
Non è che dici "Prendo alcuni attrezzi,

prendo giusto un paio di garze,
dell'acqua ossigenata".

E se fosse razzismo?

- Eh? - Un episodio di razzismo
verso il nostro Arsen.

Se l'avessero preso di mira?

Ma intende dire i nostri figli?

Ma dai, forse no.

RISATE IN LONTANANZA

Sentili, giocano.

Ridono.

Magari una parola, quella parola,
ma anche solo una volta.

No, no. Non sto dicendo
che siano stati i vostri figli.

Anzi, magari loro sono qua
per testimoniare quello che è successo.

Ma la preside è sempre stata molto
sensibile su certe questioni.

- Un po' moralista.
- Scusi?

Un senso della giustizia
anche esasperante.

L'anno scorso è stata ricoverata
in ospedale per un'operazione.

Ha preteso di stare
nella stanza in condivisione,

con tutto che poteva
avere quella singola. Seria.

Se fosse razzismo sarebbe molto grave.

Sì, tutto molto bello e giusto,
ma se si tratta di questo

per me e mio figlio è ora di andare.

- Ma non può.
- Vedrà che posso.

Buongiorno. Scusate il ritardo.

Prego, accomodatevi.

Io mi rendo conto
che questo non sia

un posto idoneo né
delle modalità idonee,

ma in presidenza
sarebbe stato troppo vistoso.

Accomodatevi.

I RAGAZZI GIOCANO A PALLONE

- Li avete portati con voi?
- Non dovevamo?

Era implicito che io
volessi vedervi da soli.

— Sì, però...
— Avrebbe dovuto dircelo.

Comunque i ragazzi sono fuori, non
ci sentono. E come se fossimo soli.

Prego.

- Senta, noi abbiamo portato il cane.
- II cane non è un problema.

Si tratta di una loro compagna di classe.

Si chiama Sonia Toselli.
Forse la conoscete.

Ma certo, Sonia Toselli. La figlia
dei proprietari del negozio di scarpe.

Sonia Toselli è stata aggredita
da tre ragazzi.

È stata trascinata, spinta, immobilizzata

con una violenza tale

da lasciare dei lividi che io ho visto
e fanno impressione.

Questo è quello che mi ha detto.

Hanno atteso che tutti i compagni
se ne fossero andati dalla palestra,

dopo l'ora di educazione fisica

e hanno aspettato l'ultima ragazza
uscire dallo spogliatoio delle femmine.

All'inizio pensava che fosse uno scherzo
perché ridevano, la spingevano,

poi l'hanno immobilizzata.

Quando lei ha provato ad urlare l'hanno
imbavagliata con la sua stessa sciarpa.

L'hanno presa Iî, su quel materasso blu.

Sonia è rimasta a guardare...

quelle due spalliere, per tutto il tempo.

L'hanno presa tutti, a turno,

UNO E UNO.

- Povera ragazza.
- E chi l'ha soccorsa?

Nessuno. Si è alzata da sola,
sulle sue gambe e se ne è andata. Da sola.

- Non è possibile.
- Certo che no.

Ma a questa età?

Ha detto che sono stati i vostri figli.

Io Ie ho chiesto se aveva bisogno
di tempo per essere sicura.

- Era sicura.
- Mi scusi, ma davvero sta dicendo?

Quella ragazza si sbaglia.
Si sbaglia per forza.

Deve essere impazzita.
Va aiutata perché è impazzita.

- Va aiutata perché è stata stuprata.
- Piano con le parole!

Non vi rendete conto
di quello che è successo.

Mio figlio? Ma non può essere.
Io ci sono sempre.

È sempre a modo,
è sempre tranquillo, educato.

Ieri sera abbiamo guardato la
tv assieme e ridevamo, rideva.

Arsen ha 13 anni.

Me ne vado!
Ne ho abbastanza di questa pagliacciata.

- È ovvio che siete sconvolti.
- Non mi dica cosa sarebbe ovvio! Ok?

Sta accusando mio figlio!
Stai... stia, stia zitta.

Stiamo calmi, per favore.

Arsen non riesce a nascondere niente,
ma figurarsi una cosa del genere.

- Cioè, è un bambino.
- Ma sî.

Quando io ci gioco e lo prendo in giro,
magari gli chiedo se ha una fidanzatina,

lui arrossisce sempre perché è...
è timido.

È ancora bimbo, non...
lui non lo sa neppure.

No, Arsen non saprebbe mai
co... co... come...

E una cosa mostruosa.

È ovvio che quella ragazza
sia fuori di testa

e, signora preside, francamente è ridicolo

che lei possa anche solo dare un minimo
credito a questa storiella. Addio.

Si calmi. Franco, calmati, per cortesia.

Quando? Quando sarebbe successo?

- Non se lo ricorda.
- Ah! È strano, eh?

Ricorda del materasso, ricorda che ha
fissato Ie spalliere per tutto il tempo

e non si ricorda quando sarebbe successo?

- Non con precisione.
- Tre giorni fa?

Tre mesi fa? Fra dieci anni?

Un paio di settimane fa.

Ah, un paio di settimane fa
nel mezzo del più assoluto nulla.

— Sì, un paio. — Un paio di palle!
— Franco, smettila.

Guardi che il nostro Arsen,
un paio di settimane fa, è stato assente.

Sì, per due, tre giorni
perché è stato male.

— È vero o no che è stato male?
— Sì, non è venuto a scuola.

- Può controllare dai certificati.
- E sennò i certificati a cosa servono?

E poi... ma se questa ragazza
non ha un giorno preciso,

dai, per noi è impossibile aiutarla.

Aiutarla, signora preside,

a comprendere che deve trattarsi
sicuramente. di un errore.

II giorno prima o poi Ie verrà in mente,
per il resto è stata chiarissima.

E davvero ha fatto quei nomi?

Arsen, Cristian, Giordano.

Però, se uno non è neppure in grado
di ricordare quando è successo,

mi scusi, ma come fa a essere certa
su di loro?

Esatto, esatto, come fa?

Inoltre, l'ha detto lei stessa, signora
preside: "Sarebbe stata afferrata".

Ora se io X" afferra qualcuno,
innanzitutto mi copro il volto.

- Ma qui stiamo parlando di...
- No, no, no, mi lasci finire.

Innanzitutto mi copro il volto,

innanzitutto non scelgo
una mia compagna di classe.

Scelgo, afferra una che non mi conosce

e se quella ragazza, Sonia,
le avesse fatto i loro nomi

semplicemente perché avevano appena
fatto lezione di ginnastica assieme?

Ci ha pensato a questa possibilità?

Che glieli abbia confidati in evidente
stato confusionale,

uno svarione, magari sono i tre
volti che ha visto per ultimi

durante la lezione di ginnastica

o i tre volti che ha rivisto per primi
rientrando in classe,

dopo il presunto... fatto.

Sì, certo, anche. Non è mica una cosa
che si può escludere su due piedi.

O ancora, mi segua.
Finisce la lezione di ginnastica,

dopo la classe di terza media
arriva una classe di quinta superiore,

piena di maggiorenni, ripetenti, pure,

e sono quei pezzenti arrapati
a violentare la ragazza.

Allora perché mai avrebbe fatto
il nome dei nostri figli?

Ma perché quelli di quinta superiore
la ragazza non li conosce.

Non sa chi diavolo siano. Per lei sono
esclusivamente delle figure sfocate

col volto coperto che magari l'hanno
anche minacciata di non fare i loro nomi.

Quindi la ragazza ha, sì, denunciato
il fatto perché, giustamente,

non riusciva a tenersi dentro quel
fardello, ma ha inventato di sana pianta

altri nomi per coprire i veri assalitori
che sono pericolosi,

- a differenza di mio figlio.
- Dei nostri figli.

Infatti. Ma sì, ma uno non può così,
su due piedi...

- Dobbiamo parlare con quella ragazza.
- Voi sicuramente no.

Come scusi? Non ho capito. La ragazza ci
può accusare, ma io non le posso parlare?

La ragazza accusa suo figlio, non lei.

Ma guardi che Franco ha ragione,
bisogna parlarci.

- (Franco) Bisogna farla ragionare.
- Dov'è lei adesso?

- È a casa dei genitori.
- Vito e Luisa. Li conosco.

- Dovrò parlare io con loro.
- Non avete un appuntamento per caso?

Devo raccontare quello che è successo.

Ma questa sarebbe la cosa più stupida
che si potrebbe fare.

Gli farebbe venire un crepacuore.

Ma poi perché questa ragazza ci avrebbe
messo così tanto a raccontarlo?

- (Franco) Due settimane sono tante.
- Perché era terrorizzata.

E le minacce, sì, ci sono state.
Ma sono stati i vostri figli a minacciarla.

Ma come? Va beh... ma in che...
in che modo, scusi?

E sono sicura che c'è anche un video.

- Non è possibile. Questo è ridicolo.
- Perché Sonia se lo ricorda.

Lei lo avrebbe visto
questo fantomatico video?

- Ancora no.
- Certo, ovviamente no.

Ma io mi sono fatto un'idea.
Che tutta questa faccenda

sia soltanto una ridicola invenzione
della ragazza.

E che anche lei, cara preside,
ci abbia ricamato intorno costruendo

un castello di orribili e banalissime
congetture alla moda.

Piantala di parlare...

Lei si sta rendendo conto
delle cose che ci ha detto?

Accuse cosi gravi su mio figlio io,
io non le ho mai...

io potrei farle una denuncia grossa così!

- Anzi, la farò.
- E successo ancora.

Cosa?

È accaduto un'altra volta.

- Come un'altra volta?
- L'hanno rifatto.

- Quando?
- Ieri.

L'hanno aspettata... in cortile,

durante la ricreazione,
l'hanno trascinata in palestra.

Stesse modalità.

Stesso materasso,

stesso telefono che veniva passato
di mano in mano.

Soltanto che è andato tutto più veloce.

Come se già sapessero che cosa
dovevano fare, compresa lei.

- Ma... gli stessi ragazzi?
- Si.

Gli stessi tre.

- Nessuno in meno?
- No.

I vostri figli, solo i vostri figli.

Ma come è possibile che nessuno
abbia visto o sentito niente?

- Tanto è solo la parola della ragazza.
- Questa è un'ala molto isolata

quando non ci sono
Ie lezioni di educazione fisica.

Ma chiunque sia stato come poteva sapere
che la palestra era vuota?

Gli orari delle lezioni sono appesi
fuori dalla porta della palestra.

I ragazzi sapevano
che non sarebbero stati disturbati,

per questo l'hanno portata qua dentro.

L'hanno fatto... in sicurezza.

In sicurezza?

Non c'è nessuno che passi? Che controlli?
Cosa sono abbandonati i nostri figli?

Ci dovrebbero essere dei guardiani,
Cristo Santo!

Qui convivono bambini delle elementari,
bambini delle medie e bestie delle superiori.

È assurdo che nessuno abbia sentito,
anche solo passando di fronte alle vetrate.

I ragazzi, durante l'intervallo,
sono nei corridoi

o sono in cortile e nessuno viene
in questo lato della scuola.

— La ragazza sì, però.
— Forse voleva stare da sola,

lontano dai suoi compagni.

Sì, però prima o poi ci sarà tornata
in aula, no?

Non è possibile che nessuno
si sia accorto di niente.

Suppongo che se sia rimasta in silenzio...

che abbia voluto far finta
che non fosse successo niente.

Avrà finto.

Se avesse finto anche con lei?

- No, con me non ha finto.
- Perché? Lei è speciale?

No, perché Sonia tremava, piangeva

e raccontava delle cose
che non si possono inventare.

- E quanto avete parlato?
- Un paio d'ore.

Un interrogatorio in piena regola.
Era esausta.

Le ha semplicemente sputato i primi
tre nomi che le sono venuti in mente.

Tutto pur di andarsene.
Da lei, da quella tenaglia.

Anch'io avrei fatto così.

È cosi che si finiscono per accusare
gli innocenti: per sfinimento.

Ci vuole qualcuno che sappia
cosa chiederle, quando chiedergliele.

— Sì, dei professionisti, no?
— Sono d'accordo.

- Qualcuno che l'aiuti a chiarirsi.
- Qui ci vuole uno psicologo.

Ci sono dei centri specializzati
per i casi come questo.

- Sarà fatto.
- (Aldo) Un supporto mentale, no?

- Dopo però.
- Dopo che cosa?

Dopo che verrà interpellata la polizia

e che sentirà le versioni di Sonia
e dei vostri figli.

- No. Sono solo bambini.
- Sono ragazzini.

- Ma io devo avvisare la polizia.
- Mio figlio non può...

- Io non posso non farlo!
- Ma dobbiamo capirci di più prima.

Forse ho sbagliato oggi a farvi venire
qua. Pensavo foste più collaborativi.

Quantomeno volevo avvertirvi prima che..

Ma prima che cosa?
Prima che arrivi l'Esercito?

Ma cerchiamo di darci una calmata tutti
quanti, ok? Proviamo a ragionare.

Riportiamo dall'inizio. D'accordo?

- Lentamente. Come si chiama la ragazza?
- Sonia.

- Sonia Toselli.
- Sonia Toselli.

— È la ragazza della festa, no?
— Sì, e allora?

- No, aspetta, aspetta, che festa?
- Lo dica lei.

- Non è rilevante.
- Cosa non è rilevante?

A ottobre Sonia è stata ad una festa

ed è stata ricoverata al pronto soccorso
perché si è sentita male.

È importante dire perché
si è sentita male.

Vabbè, ma perché, oh? Dite!

- Aveva bevuto.
- No, no, no, no.

Aveva bevuto,
fumato e s'era anche impasticcata.

- A 13 anni?
- Le hanno fatto la lavanda gastrica.

E si dice, che a quella festa,
sia andata a letto con un maggiorenne.

II ricovero è certo, il resto sono fantasie
e sinceramente non mi interessano.

Ah, non Ie interessano? E invece
credo che dovrebbero interessarle.

Infatti io sono molto interessato.

Abbiamo a che fare
con una sbandata, quindi.

Quindi lei chiama sbandata una bambina
che viene violentata?

No, chiamo sbandata una che si infila
alle feste di ragazzi più grandi,

che beve, che fuma, che si impasticca e
che fa non si sa cosa con un maggiorenne.

Lei è una brutta persona.

- Buoni, buoni.
- E lei è una mitomane,

che spettacolarizza i deliri
di una sbandata

per venire a rompere i coglioni
a noi brava gente.

Com'era? Per tutto il tempo
fissava quelle due spalliere.

Ma se si tratta di parlare di baldorie,

bagordi e fatti certi,
l'unica cosa che riesce a dirci è:

"Si è sentita male ad una festa
Si è sentita male ad una festa.

Tra poco verrà a dirci che i nostri
ragazzi l'hanno violentata anche Iî.

Minnie, vuoi stare zitta per favore?
Stai buona Iî. Buona!

Stamane Sonia
mi ha fatto questa confessione

e io ho ritenuto
mio dovere di preside informarvi.

- Ah, grazie. È una grande preside.
- Sî. Informarvi prima degli altri.

Ma... ma perché altri?
Mi scusi, perché?

Cioè non possiamo... No?

(Aldo) Cioè, gestirla,
gestirla tra di noi?

Quando c'è un trauma del genere Ie cose
si finiscono per ricostruirle alla rinfusa.

II suo racconto era estremamente preciso.

Ma potrebbe averlo anche inventato.

- E perché mai?
- Per gioco o anche una sfida.

Malo vuoi capire che a 13 anni
si raccontano una marea di cazzate?

Si ricorda le posizioni di ognuno di loro,

che cosa hanno fatto,
come lo hanno fatto.

Lei sa esclusivamente
quanto Ie ha raccontato la ragazza.

E infatti la polizia raccoglierà
le testimonianze dei vostri figli.

Beh, a 13 anni io...

ne ho dette di bugie.

Frottole su frattale.

Sapesse anche quante... quante ripicche.

A 13 anni le cose non si risolvono
con la polizia.

Ma io sono obbligata a riferire.

Ma non ai poliziotti, non a loro.

L'ha detto a noi.
Lo sappiamo già noi.

Va bene.
Ci dia una notte per pensarci adesso.

No. Ci vuole qualcuno che raccolga
le testimonianze di tutti,

in maniera dettagliata e metodica.

Ma noi siamo incredibilmente metodici.

- Non si può fumare.
- Mi scusi.

Franco, scusa, me ne offriresti una?

Ascolteranno Sonia e i vostri figli.

Non possiamo metterli
davanti alla polizia.

Dobbiamo parlarci prima noi,
con i nostri figli.

Ma dobbiamo lasciare la polizia
fuori da questa storia.

Qui parliamo di minorenni, no?
Io credo che lo dica anche la Legge.

Questi ragazzini non è che
possono subire un processo penale.

(Franco) Mi ascolti.

Lei, oggi, l'ha detto a noi.

Per il momento va benissimo cosi.
Ora lo sappiamo.

— Lo sappiamo, no?
— Sì, sî.

Siamo stanchi, sconvolti, tutti.

Noi come lei.

Torniamo a casa e pensiamoci
assieme, con calma, cenando, per bene.

- Con i nostri figli.
- Dormendoci su, ok?

È la cosa più adulta e ragionevole
che si possa fare.

Dormirci sopra.

Domani, con la mente sgombra,

mi occuperà personalmente di aprire
un gruppo WhatsApp.

Tutti noi parte di questo gruppo.

Ci teniamo al corrente cosi, attraverso
messaggi razionali e senza fretta.

Con maturità
troviamo il modo di procedere,

salvaguardando i nostri figli e Sonia.

- La risolviamo assieme.
- Per favore.

SQUILLI DEL CELLULARE

La babysitter. Scusate.

Pronto, Irene, come stanno i gemelli?

Ma che fai?

(Rossella) Ma se n'è andata?

- È il telefono di Giordano?
- Dice che c'è un video, no?

- (Aldo) Ahi, quella è una canna.
- (Carmen) 'Sti cazzi.

VOCE NON UDIBILE

Cancella quel video.

(preside) Rimane ancora mezz'ora
con i gemelli, ma...

Bene, abbiamo risolto.
Nessuna grana, no?

Che succede?

Ci dia del tempo, siamo ancora...

scioccati per quella giovane.

Va bene, allora, ho bisogno...

dei numeri di tutti per il
gruppo WhatsApp. II suo ce l'ho.

(sottovoce) Arsen è un mostro.

(Franco) Come lo chiamiamo il gruppo?

(Aldo) Sì, dobbiamo scusarci.

Bisognerà chiederle perdono.

Anche solo per...

(Franco) Che a volte ci si confonde.

La ragazza, non dico che
abbia mentito, solo che...

Solo che se una si impasticca tanto da
perdere i sensi si può anche confondere.

Stamattina era lucidissima.

- E perché non ha urlato?
- (preside) Cosa?

Se l'hanno aggredita perché non ha urlato?

Perché era imbavagliata.

La prima volta è stata
imbavagliata, c'hai detto.

La seconda volta,
se tutti sapevano cosa fare,

anche lei avrebbe dovuto sapere cosa fare.
Avrebbe dovuto urlare!

Se dopo una cosa del genere qualcuno
mi sfiora anche solo un braccio di striscio

la prima, l'unica cosa
che faccio è urlare!

- È urlare fino a crepare.
- Fino a farli scappare.

Se una ragazza che sa cosa può succederle,
viene presa di nuovo,

se ha il tempo di urlare,
se ha il tempo di urlare ma non urla,

perché la sentirebbero,
la sentirebbero tutti se urlasse,

ecco, se non urla,
se non chiama nessuno vuol dire che...

vuol dire che ci sta.

Non volevo essere io a dirlo ma.

Significa che ci sta.

Carmen, tu sei una donna.
Non puoi parlare così.

Perché no?

Io capisco la sua buona fede,
è ammirevole.

E nella sua posizione
forse avrei fatto lo stesso.

Ma deve capire che ci ha convocati qui per
qualcosa che non sta minimamente in piedi,

raccontato da una ragazza che ha
chiaramente dei problemi psicologici.

- Ma come si permette?
- Perché hai voluto avvertirci?

Perché voi siete i genitori,
siete responsabili.

Ecco. Volevi solo condannare
i nostri figli davanti a noi.

No, non è così.

Volevi fare l'ultima e l'unica cosa
che ti facesse stare bene con te stessa.

Condannarci, giudicarci come genitori.

- È colpa nostra, non dovevamo farlo.
- Ma cosa? Cosa dici?

Non adottarlo. Non siamo capaci.

Ma come? Ma è la cosa più bella
che abbiamo fatto, amore.

Ehi.

Ti odio troppo.

Ma condanni quella ragazza, piuttosto,
che è già una mignotta, diciamocelo.

- Io adesso chiamo la polizia.
- (Franco) Aspetti!

- No, la chiamo adesso la polizia.
- Un attimo e poi la chiama.

Anzi, guardi, guardi, guardi!
La chiamo io la polizia.

È che non sono d'accordo.

Secondo te...

tre ragazzi che hanno fatto
una cosa del genere,

ora se ne stanno tranquillamente
fuori a giocare a basket?

Esatto.
Ma che razza di mostri sarebbero?

L'hanno fatto una volta.
L'hanno fatto una seconda volta.

- Lo farebbero una terza volta.
- Non s'azzardi!

Rosy, no.

Ma ti ascolti quando parli?
Le cattiverie che dici?

- Io voglio solo...
- Umiliarci. Questo lo abbiamo capito.

- No, aiutarvi.
- Chiamando la polizia?

Io voglio aiutare tutti, ma devo
prima di tutto aiutare la ragazza.

Lei vuole solo aiutarci
a distruggerci la vita.

Ma non ce l'ha un po' di compassione?
Ma la guardi.

Le batte forte il cuore.
Respira, amore, respira.

I poliziotti non hanno tempo di venire qui
ad ascoltare queste fantasie malate.

In questa palestra
non sono io a essere malata.

- Che vorresti dire?
- Che vi comportata come i vostri figli.

— Io t'ammazzo!
— No, amore, no.

- No, amore no!
- Peggio dei vostri figli.

- Lasciami, per favore!
- E lei signora, la prego, abbia un cuore.

- Cosa devo fare?
- Lasciaci tornare a casa.

- Non trattengo nessuno.
- E non devi chiamare nessuno.

Sei la preside di questa orribile scuola.

Se gli alunni fanno un errore,
la colpa è pure tua

e se chiami la polizia dovrai rendere
conto anche del tuo comportamento.

Io sono pronta a prendermi Ie mie
responsabilità, l'ho sempre fatto.

Qua dentro cade tutto a pezzi, non c'è una
telecamera, non c'è neppure un guardiano.

Se ci fosse stato tutto questo
non sarebbe mai accaduto.

- Non stiamo parlando di questo, adesso.
- Stiamo parlando di tutto, adesso.

- È colpa tua.
- Lei vuole solo denunciare, vero?

- Finire sui giornali.
- Diventare un eroe.

- Sulla nostra pelle, però.
- Meglio che la finiamo qua.

Io devo andare dai miei figli e qui
non c'è più nient'altro da aggiungere.

Adesso devo chiedervi di andarvene.

- Si calmi un attimo.
- Io sono calma.

- Allora mi passi quel telefono.
- I miei figli mi aspettano.

Metta via quel telefono!

Pensi di essere un genitore migliore
di noi per caso?

Andate via dalla mia scuola.

- Sei pericolosa.
- Inaffidabile.

- Disonesta.
- E voi due allora?

Credete che io non vi abbia visto,
giovedì scorso, nella macchina di Franco?

- Cosa ha visto? - Ma di cosa state
parlando adesso? - Niente.

Giovedì scorso sono salita un attimo
nella macchina di Franco

- solo per caricare il cellulare.
- Infatti.

- Lei è un uomo sposato, si vergogni.
- Ce l'ha con noi, eh?

È evidente. Le stiamo sui coglioni.

Questa è la prova della sua malafede.
Lei non ha visto niente giovedì!

- Poco conta. Sono affari vostri.
- Una visionaria, sfascia famiglie.

- Andatevene.
- Devi essere fermata.

Con chi ne hai parlato?

- Ma di che cosa?
- Di questa storia.

Con nessuno, vi ho chiamato subito.

- Bene.
- È meglio... per te.

- E Sonia?
- Sonia cosa?

- Con chi ne ha parlato?
- Con me.

- Nessun altro?
- No. Per ora no.

- Ma a Sonia non c'ha pensato?
- E da stamattina che non penso ad altro.

Eh, magari non quanto crede.

Anzi, io penso che lei
a quella ragazza non ci pensa proprio,

- non gliene importa proprio nulla.
- Cosa sta dicendo?

Ma immagini che cosa significhi per una
tredicenne finire sulla bocca di tutti?

- Giornali, tv.
- Reality.

Passare alla storia come la ragazzina
che è stata stuprata.

Sarebbe una vera tortura,
per lei e per la sua famiglia.

- Interviste.
- Gossip.

- Sospetti.
- speculazioni.

A quell'età, mi creda, nessuno reggerebbe.

Tu vuoi solo fare notizia,
con i nostri bambini.

Farti pubblicità perché sei una fanatica.

- Bifolca.
- Non si rivolga così a mia moglie!

- Adesso sparite.
- No. Adesso no.

Non andiamo da nessuna parte.

Non c'è nessun problema, me ne vado io.

Ok, ok. Fermi tutti. Fermi tutti.

La cena è durata anche troppo.

Lo pago io il conto.

Lei ce l'ha sempre avuto questo sfizio
della crocerossina, eh?

Si ricorda la recita scolastica
di due anni fa?

Quando si era messa in testa di fare
interpretare la parte principale

dello spettacolo a un ragazzino
ritardato invece che a mio figlio?

E ci riuscì. La fece lui quella parte.

II risultato?

Non s'è capito nulla del testo.
Nulla del senso. Nulla di niente.

Poverino, mugugnava e basta.

Io da genitore mi sentii in profondo
imbarazzo vedendo quello spettacolo.

E sono sicuro di non essere stato il solo.

Ma va bene.

Sicuramente quel bambino, adesso,
avrà un bel ricordo nella vita,

una vergogna mascherata da soddisfazione.

Dove voglio arrivare?

È che anche Sonia avrà un bel ricordo
adesso e anche lei.

Cosa significa?

La ragazza ha fatto la galletta,
la seducente, ammettiamolo.

Te ne vai in giro da sola e mezza nuda
per il cortile a sculettare.

Tu, che te la fai con i maggiorenni.

Può capitare alla fine che alcuni alunni,
magari uno o due dei nostri bambini

caschino a quelle provocazioni
belle e buone.

Ci sta.
Sono i primi ormoni, il fascino femminile.

Si sono fatti sedurre.
Una seduce e gli altri vengono sedotti.

È così che funziona, no?

Se poi ci si lascia andare alla passione
è perché

si è stati spinti a farlo.

Parliamo di innocenti.
Bambini innocenti.

Parliamo di bambini innocenti
che finiscono per fare l'amore.

E beh? E che male c'è?

Ma vogliamo mandare all'aria le vite
dei nostri figli e di Sonia per questo?

(Aldo) No, buon Dio, no.
Però allora che si fa?

Si paga. Le si dà dei soldi.

Va trovato un prezzo.

Questo, da adesso,
diventa l'unico argomento:

trovare un prezzo congruo...
per una ragazzata.

Avere un conto sul tavolo...
e saldare quel conto.

Lei è un mostro.

Ma lei deve fare una cosa che fino adesso
non ha ancora fatto:

aiutarci.

Quanto può valere tutta questa storia?
Avanti, mi aiuti, mi sputi un prezzo.

Lei vuole pagare il silenzio
della ragazza?

Voglio saldare le scopate dei bambini.

- Lei è completamente pazzo.
- Quanto?

Allora... quanto abbiamo speso?

Ditegli qualcosa.

Suvvia... la ragazza voleva questo.

E anche lei. Entrambe lo volevate.

La ragazza è stata brava
e lei è stata assolutamente perfetta.

Questo è vomitevole,
io non posso permettere...

(Franco) Una cosa del genere?

Mi lasci almeno indicare la cifra che
pensavo di corrispondere, a entrambe.

- Cosa?
- Pago anche lei, ovviamente.

Pensavo a 50.000 euro, mh?

SO bei pacchi di farina.
In nero, si intende.

25 a te e 25 a Sonia.

- Aiutatemi.
- Più la mancia.

Anzi, un anticipo.

Facciamo 500 euro di anticipo.

È un bel posto, siamo stati bene.

Torneremo.

La pagherete. La pagherete cara,
io racconterò tutto alla polizia.

Tutti i vostri tentativi di insabbiare,
di corrompere, di minacciare.

Tutte le vostre bruttezza,
le vostre oscenità,

l'orrore. Tutto, tutti.

- Non ci provare.
- Mostri!

Io mi auguro che i vostri figli vadano
in galera e che ci andiate anche voi.

Puttana.

Dove va? Venga qui.

Ehi, dove va? Si fermi!

Dove sta andando?

SEGNALE DI LINEA LIBERA

SEGNALE DI LINEA LIBERA

(uomo al telefono) Pronto, emergenza?

Sali!

(uomo al telefono) Pronto, mi sente?

- Prendila!
- L'aiuto. Ti aiuto!

Spingi!

(uomo al telefono) Pronto?

— È chiuso?
— Sî. Sì, è chiuso.

Signora, adesso lei può anche
scendere perché Iî un po' è pericoloso.

Per l'ultima volta: andatevene!

Ehi?

Non c'è polso.

(Aldo) Non c'è polso.

Volevamo spaventarla.

Niente.

Giusto quello.

Non doveva salire.

Era pericoloso lassù.

Perché non è scesa?

Io glielo avevo detto che era pericoloso.
Mi avete sentito tutti, no?

Sì, è che non... non...
non ci ha dato retta.

- Noi non abbiamo fatto niente.
- Ci aveva minacciati.

Tutti... col telefono.

Stava chiamando. È legittima difesa.

- È andata.
- No, ma è stato un incidente.

È pericolosa 'sta palestra, eh?

- È finita.
- Ma la polizia?

- Ho chiuso in tempo.
- Allora devi cancellare le tue impronte.

Siamo stati fortunati.

- Lei meno.
- (Rossella) E adesso?

- Chiamate un'ambulanza.
- (Aldo) Ma non serve.

È morta.

Allora fate come vi pare,
tanto ormai è fatta.

SQUILLI DEL CELLULARE

- È la polizia?
- La babysitter.

- No. Non rispondere.
- Non rispondere.

- Geniale.
- Non rispondere!

Oh, è un osso duro però, eh?

Sarà per i gemelli.
La starà aspettando.

Non la vedrà arrivare stavolta.

IL CELLULARE SMETFE

È finita.

L'avessimo fatto apposta ...

Non l'abbiamo fatto apposta.

Se solo ci avesse ascoltati, solo.

Tanto vale chiamarla
noi la polizia, adesso.

Ma che fretta c'è, scusa?

Cosa vuoi aspettare, eh?

Che risorga?

Non c'è più niente da fare.

Dovevamo per forza
toglierle questo telefono.

Ma non la vita.

- Volevamo spaventarla.
- E l'abbiamo ammazzata.

Ma sei stato tu
a farla spaventare più di tutti.

- Non le ho rotto io la testa.
- Ma neppure noi.

È stata la palestra.

Dillo cosi ai poliziotti.

Ci parlava come si fa con le bestie.

Ci chiamava mostri.
Io volevo solamente che la smettesse.

Oh, c'ha aggrediti.
È questa è la verità.

Fammi fumare, scusa.
C'ha aggrediti e noi abbiamo solo...

risposto, sì.

Sî. E mica siamo stati noi a salire lassù.

- È da pazzi, se l'è cercata.
- Proprio cercata.

- Quindi? La chiamo io la polizia?
- No. Non chiamare nessuno.

Ancora con 'sta fregola di telefonare?

Ma hai bisogno di parlare con qualcuno?
Ti senti solo?

Ma cosa volete fare, stupidi.
È finita! C'è scappato il morto!

E il morto chiude ogni discorso.

(Aldo) Sì, ma in qualche modo
bisogna uscirne, però.

- E come?
- "E come?"

Ma sai fare solo domande? Ma cosa sei
diventato adesso? II questionario?

L'hai massacrata quella povera preside,

con tutte le tue cazzate,
le tue minacce, le...

È come se ci avesse puntato contro
una pistola.

Non voleva sentirci,
non ci ascoltava proprio.

No, non ci ha lasciato scelta.

In qualche modo ci siamo difesi,
per come abbiamo potuto.

- È legittima difesa, sî.
- (Aldo) Questo è certo.

- È legittima.
- Ma non dite idiozie.

- Eravamo quattro contro uno.
- Oh, ma mica le abbiamo sparato!

Ma neanche lei ci ha puntato esattamente
una pistola addosso.

Ma è caduta!

- Da sola.
- È stato un incidente.

— Ha fatto tutto lei.
— Noi non c'entriamo nulla.

Niente.

- Andiamocene.
- E cosa avresti risolto, sentiamo?

Nessuno sa che siamo qui.
O sbaglio?

No. Non sbagli.

- Qualcuno vi ha visti entrare a scuola?
- No, no, no, no. Nessuno.

- Non, non c'era nessuno, no.
- E chi sa che siete qui?

Beh, Aldo, io, te... e tuo marito.

Sono divorziata.

Quindi lui non sa che sei qui?

- Sono anni che non sa niente di me.
- Ah...

Beh, allora è perfetto.

- Ma tu?
- Io cosa?

Qualcuno ti ha visto entrare a scuola?

Mio figlio, Carmen e il suo.
Siamo entrati insieme.

Allora se è tutto fra di noi
non c'è problema, no?

- E a casa?
- Non c'è male, grazie.

Nel senso, sei accompagnato?

C'è mia moglie che mi aspetta,
starà preparando la cena adesso.

Ah, sei fortunato.
Torni a casa e mangi.

Voglio dire, nessuno sa che sei venuto
qui oggi? Nessun altro?

Tolti voi, mio figlio e i vostri, tolta
mia moglie e la preside nessun altro.

Senti, come...
come si chiama tua moglie?

- Giada.
- Giada.

E Giada è una...

malleabile, no?

- Cosa vuol dire per te "malleabile"?
- È intelligente?

Allora ti deluderà,
ma non è molto malleabile.

Ho capito, Franco, ma se tu
Ie spiegassi per bene la situazione,

arrotondando dove devi.

Sì, devi farle capire
che tutta la famiglia è in pericolo.

Ma avrai sicuramente il suo appoggio,
andiamo, Franco.

Giada non sarà una malleabile ma, ma...

- È stupida.
- Ma ti ama.

Neanche tu mi sembri molto malleabile.

Senti, tu fa' così,
dille di farsi i cazzi suoi e basta.

Non reggerebbe.
Verrebbe seppellita alla prima domanda.

E comunque non volevo rovinarvi i sogni
di pacifiche fughe,

ma ci sono i tabulati telefonici.

È la prima cosa che la polizia
andrà a controllare.

Scopriranno che la preside ci ha chiamati,
tutti noi, uno a uno.

- Convocandoci.
- Ma...

Avevamo un appuntamento qui,
oggi pomeriggio.

Noi e la preside.

Non si può fare niente,
non si può più trattare.

Finché c'era da risolvere solo il problema
della ragazza se ne poteva uscire,

bisognava convincere la preside

e magari sincerarsi, dopo, che la ragazza
non ne parlasse con nessun altro.

Ma la preside è morta.

La preside è morta
e noi ne siamo i responsabili.

Non le abbiamo sparato, ma l'abbiamo
minacciata, aggredita, rincorsa.

È rimasta lassù perché aveva paura di noi.

Non sarebbe mai morta altrimenti.

La preside è morta...
e anche noi, tutto sommato.

Realisticamente, abbiamo chiuso.

Tutti.

Oh, allora?

Ma se effettivamente non tutti tutti?

Se non tutti noi, insomma?

Solo qualcuno. Se solo uno, anzi.

Capite?
Uno che si prende la colpa, uno e basta.

Cosa intendi?

Uno che si prende la colpa
e che lascia salvi tutti gli altri.

(Franco) Ma questa è una soluzione.

Ma questa è "la" soluzione.

Ipoteticamente io mi prendo
la colpa per te o per lui?

Amore, ascoltiamo.
Ascoltiamo adesso.

Siamo stati chiamati qui dalla preside
tutti e quattro.

Non cambia niente, rimane tutto invariato.
Lei ci ha spiegato la situazione,

la brutta situazione, come sappiamo.
E siamo sgomenti, tutti e quattro.

- Non possiamo crederci, nessuno di noi.
- Ma come potremmo? No.

Ma tre di noi accettano,
comunque ascoltano,

comunque sono pronti a collaborare
come esseri umani e come genitori.

E invece uno di noi non ci sta,
non ci crede, non ci sta.

Urla. Si arrabbia. Incazzato. Da di matto.

— Dà in escandescenze.
— L'escandescenza.

Dà fuori di matto. È una furia e ci
impauriamo tutti, ovviamente, ma lui...

- O lei.
- Ma lei chi?

Impazzisce, incalza la preside,
Ia minaccia e si avvicina.

Si carica, ogni passo di più,
è incontenibile, furioso,

le sta a pochi centimetri,
forse una parola di troppo,

una minaccia di troppo
e la preside scappa.

Si rifugia nell'unica salvezza che ha,
la pertica. E ci sale su.

II resto è storia. La pertica crolla
sotto il peso della povera.

- Eh, già.
- Beh, ci sta.

Ma cosa ci sta?
Ma cosa stai dicendo? Aldo!

Non va bene.
Ha ragione tua moglie.

- È il finale che non funziona.
- (Rossella) No, non funziona niente.

- Aspetta, amore, aspetta...
- (Rossella) Ma come?

Tutto accade come Carmen ha descritto,
che è quello che abbiamo vissuto.

La preside ci dà questa terribile notizia,
c'è l'incredulità,

Io sgomento, la disperazione,
ma accettiamo il nostro destino.

Usciamo verso le nostre auto,

ma quella persona
che ha dato in escandescenze,

lui o lei, rientra in palestra.

"Devo dire un'ultima cosa alla preside."

Ed è Iî, quando sono uno contro uno,
che avviene il fattaccio.

Gli altri genitori non devono essere
presenti, altrimenti sarebbero complici.

Colpevoli e quindi imputabili.

È giusto.

Sì, così è giusto.

- Così è perfetto, sî.
- (Franco) E inattaccabile.

— (Aldo) Sì, eh.
— Ma cosa state dicendo?

È inaccettabile, scusa, no,
non ho capito. Ma non si può fare.

Ma non è vero.
Ma non funziona, non può, ma scusate,

poi che cosa accadrebbe alla persona,
se si facesse questa cosa?

Andrà a processo,
ma potrebbe anche cavarsela, però.

Senza dubbio è stato comunque un incidente
e questo deve rimanere chiaro.

E gli altri cosa rischiano?

Ma, poco, quasi niente.

Ma che c'entrano?
Comunque sono andati via, loro.

Ma dovrà essere lo stesso colpevole
a dichiararlo.

A dichiarare che era rimasto lui,
da solo, con la preside.

Quindi lo fai tu.

— Beh, no, dobbiamo scegliere.
— Ah, sì? E come?

Mi stai chiedendo come facciamo
a scegliere chi si prende la colpa?

Chi va?

Chi se la sente?

Non lo so, vogliamo... estraiamo a sorte?

- No, è da escludere categoricamente.
- Perché, scusa?

- Perché non si può.
- Perché non si può?

Perché è una questione troppo
delicata per lasciarla alla sorte.

Ho capito, è delicata.
Però noi, come facciamo?

- Dobbiamo riflettere.
- Ma velocemente, non abbiamo molto tempo.

- Dobbiamo tarare.
- Eh?

Tariamo, le vite... imparziali.

Capiamo chi...

insomma... io ho Cristian..

E mia moglie è..

È pazza.

Se fossi io il colpevole,
Cristian resterebbe da solo...

con quella madre.
E lei non reggerebbe mai.

Si suiciderebbe subito.

Si impasticcherebbe, non...
E così.

Questo è un primo fatto e...

lo condivido con voi.

Io non ho nessuno, sono separata.

II padre di mio figlio è scappato e...

Giordano dovrà difendersi dalle accuse
contro la ragazza

e io dovrei difendermi dalle accuse
contro l'incidente.

- Non so proprio come fare.
- (Franco) Va bene, va bene.

Grazie per aver condiviso.

- Veramente, non so proprio come fare.
- No, ma neanche io.

Io, io lo farei...
Io, io, io... mi proporrei io.

E cosa siamo noi?
Gli scemi del villaggio?

- In che senso?
- Non lo so.

Vi state facendo fuori da soli,
vi escludete.

Ma io non mi sto escludendo.
E neppure Carmen.

- Non mi tiro indietro. Sto solo...
- Dicendo che...

- Che rimaniamo noi due!
- Appunto.

Ah, beh...

Noi abbiamo Arsen e Minnie.

E poi c'è il papà di Aldo,
che vive da solo, ha 98 anni,

non esce, facciamo tutto noi.

E poi abbiamo anche...

Molte vite dipendono da noi.

(Franco) Va bene, va bene.
Grazie per aver condiviso.

Certo che voi siete...

siete in due. Uno dei due, comunque,
con Arsen resterebbe.

Ma cosa significa?

Perché qui, in questa palestra,
siamo noi due, toccherebbe a noi?

Ma non è qui, in questa palestra.
Si tratta di qui, nel mondo.

Io e Carmen siamo da soli.
Lei letteralmente, io praticamente.

Senti, se invece lasciassimo tutto così?

Cioè, colpa di tutti?

L'incidente come è andato,
senza dire bugie?

Cioè, esattamente Ie cose
come sono andate. Facendo, come si dice,

fronte comune, no? Facciamo un muro.

Abbiamo trovato una soluzione,
adesso stiamo facendo dei passi indietro.

Ma perché scusa? Ma ragiona, no?

Saremmo in quattro a difenderci.
Non si dice "l'unione che fa la forza"?

Sì, come no.

Che ci tocchi trovare uno che si prenda
la colpa dell'incidente è pacifico.

(Franco) La soluzione è questa,
senza dubbio.

Chiaramente i tre che rimangono fuori
aiuteranno il sacrificato.

Io potrei testimoniare che la preside era
nervosa, che era su di giri, straparlava.

Insomma, renderebbe più comprensibile
la sfuriata di uno di voi due.

Ma perché uno di noi due? Ma perché?

Ma perché siete in due e poi qui dentro
siete quelli un po' più avanti con l'età,

diciamo che rischiate meno, anzi,
senza "diciamo", è così.

Nei processi, con Ie persone di una certa
età, tendono a essere più clementi.

Questa cosa è la prima volta
che la sento.

- (Franco) Giustamente più clementi.
- Più umani.

Sai cosa?
Io non ci sto, anzi, non ci stiamo.

Rossella, è la cosa giusta da fare.

Anzi, in effetti è l'unica cosa da fare.

Inoltre, se la colpa ricadesse su me
o su Carmen,

chi si occuperebbe
delle spese processuali?

Perché ce ne saranno e saranno molto alte.

Tu e tuo marito potreste occuparvene?

Io potrei pensare alle spese
di uno di voi due, me lo posso permettere.

Bisogna essere realisti nella vita.

Se non vi va bene,
trovate voi un'altra via di uscita.

Un'altra soluzione, buona però!

(Franco) Sono sicuro che troverete
una cosa migliore.

Sono stato io.

Quel furioso.

Quell'uomo dell'escandescenza.

Ero io.

- Ci sta.
- No!

Ero da solo.

Una furia.

- Io non t'avrei mai lasciato solo.
- (Franco) Ma questa volta sî.

Aldo ti ha detto di cominciare
ad andare in macchina,

di prendere Arsen e che ne avrebbe avuto
solo per due minuti.

(Aldo) E tu mi hai dato retta,
sei andata via e mi hai lasciato solo.

— Ma no.
— Sì, amore!

E poi...

ho sfuriato.

La colpa dell'incidente della preside...

è mia.

Me la prendo tutta.

Ma nostro figlio Arsen
esce fuori dalla storia dello stupro.

- Ma come sarebbe possibile questo?
- Cancellate i video, per prima cosa.

E dopo dite ai vostri figli
di prendersi la colpa dello stupro.

Solo loro due
e di tenere fuori nostro figlio.

- No.
- Ma a voi che cambia?

Adesso sono Arsen, Cristian e Giordano.

Senza Arsen sarebbero Cristian e Giordano.

Loro due ci sono sempre.

Noi siamo in due, no?

Siamo in due, io e mia moglie.

L'avete detto anche voi.

II nostro dolore
già vale il doppio del vostro.

Io mi prendo la colpa dell'incidente
della preside,

ma solo se mio figlio si salva.

Che se lo meriti o no.

Voglio salvare mio figlio.

Altrimenti non me ne frega
più niente e salta tutto!

Non mi prendo nessuna colpa
e andremo a processo tutti e quattro.

Va bene.

È probabile che la ragazza, Sonia,
quella poveraccia,

testimonierà

e dirà che c'era anche Arsen.

Ma i vostri figli dovranno salvare il mio.

Dovranno dire al massimo che Arsen era,
era Iî a guardare, sî.

Arsen guardava.

Era stato costretto a guardare.

Insomma, tutto quello che serve.

Tutto quello che serve, te lo prometto.

Se le cose non dovessero andare così

e mio figlio Arsen dovesse essere
coinvolto io mi rimangio tutto.

Parlo anche di questo accordo che abbiamo
preso, di questo piano. Parlo di tutto.

E finisce per tutti.

E adesso andate.
Prendete i vostri figli e andatevene.

Lasciatemi da solo, con la preside.

(Aldo) Ma che fai, piangi?

Franco, è finita.

- Adesso devi andare.
- No.

Sì, amore. Devi andare.
Devi andare anche tu.

- No, io resto qui con te.
- No, amore, devi andare.

Ti prego.

Ti prego.

Su.

Vai, su. Vai.

SEGNALE DI LINEA LIBERA

Pronto, polizia?