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Spinto dalla mia insaziabile curiosità,

giunsi all'entrata
di una grande caverna.

E subito sentii in me...

paura

e desiderio.

Paura per le tenebre intorno a me

e desiderio di scoprire le meraviglie
che esse celavano.

NARRATORE: Sei nato a Vinci, in Toscana,

sabato 15 aprile 1452, alle tre di notte.

Figlio di ser Piero, notaio,
nipote di ser Antonio.

Il tuo nome è Leonardo.

Eccoti nell'unico luogo
dove puoi essere veramente libero.

La camera oscura dei tuoi pensieri,

il tempio delle tue ossessioni,

la compagna della tua solitudine.

Un luogo senza tempo,

dove le idee prendono forma.

LEONARDO: Domanda a maestro Antonio
come si piantano bombarde e bastioni

nei dì e nella notte.

NARRATORE:
I ricordi si materializzano...

LEONARDO: lmpara la moltiplicazione
delle radici da maestro Luca.

Domanda la misura del sole

che mi ha promesso
maestro Giovanni Franzese.

NARRATORE: E il tuo infinito desiderio
di conoscenza si fa vivo.

Perché naturalmente
gli uomini desiderano sapere.

NARRATORE:
Questa è la tua mente.

(FRASl DI LEONARDO SI SOVRAPPONGONO)

NARRATORE:
La mente di un genio.

La mente di Leonardo Da Vinci.

LEONARDO: Non vedi che l'occhio,
finestra dell'anima,

abbraccia la bellezza di tutto il mondo?

È l'occhio che tutte le umane arti
consiglia e corregge.

Che conduce l'uomo in ogni luogo.

Che misura
altezza e grandezza delle stelle.

Di architettura,
prospettiva e divina pittura,

l'occhio è il solo e unico padre.

Perché per capire basta veder bene.

NARRATORE:
Cosa vedi?

Dove si affaccia la tua anima?

Cosa cerchi, Leonardo?

La tua valle dell'Arno l'hai tratteggiata
in un disegno essenziale,

come una mappa delle tue emozioni.

Lì hai appreso la capacità di osservare,
di esplorare, di meravigliarti.

Lì, durante la tua infanzia spensierata
a Vinci,

il 5 agosto 1473,

la natura è ancora tua intima amica.

(GOCCIOLIO D'ACQUA)

LEONARDO: L'ingegno umano non troverà mai
invenzione più bella della natura,

perché nelle sue invenzioni
nulla manca e nulla è superfluo.

Il resto, che è il tutto,
è fatto dalla natura,

maggior maestra di te.

L'acqua che tocchi dei fiumi
è l'ultima di quella che andò

e la prima di quella che viene.

Così il tempo presente.

NARRATORE:
La tua infanzia tra le colline toscane

termina quando hai poco più di dieci anni.

Tuo padre ti porta con sé a Firenze,
ma non sarai notaio come lui.

Ti affida al maestro
Andrea del Verrocchio.

(TICCHETTIO DI UN OROLOGIO)

(BRUSIO)

VERROCCHIO: Questa gamba è troppo grossa.
ALLIEVO: Sì, maestro.

NARRATORE: Entri così in una
delle più importanti botteghe del tempo.

Una vera e propria scuola
di promettenti talenti,

Pietro Perugino, Botticelli
e tanti altri vi apprendono il mestiere,

sotto la guida del maestro Verrocchio.

Su questo "Battesimo di Cristo"
lavoriamo ormai da troppo tempo.

Chi ha fatto le mani di Nostro Signore?

La colomba?

Questa palma?

Mal fatte, proprio mal fatte.

Perugino, tu l'angelo come lo figureresti?

Tu, Leonardo?

Maestro Verrocchio,

io lo figurerei come un angelo vivo,

con un viso pieno di grazia e dolcezza,

mischiando luce e ombra

e con le diverse qualità
di tutti i colori.

Bene. Il decoro?

Vesti leggere,

che si muovano con i venti.

VERROCCHIO:
E le montagne dietro?

Le farei sfumare
nel colore dell'orizzonte.

NARRATORE: Il tuo angelo
era così aggraziato e audace d'invenzione,

che il Verrocchio
mai più volle toccare i colori,

sdegnatosi che un fanciullo
ne sapesse più di lui.

Triste è quel discepolo
che non supera il maestro.

(TICCHETTIO DI UN OROLOGIO)

Il pittore è padrone di tutte le cose
che possono essere pensate dall'uomo.

Perché se ha desiderio
di vedere bellezze che lo innamorino,

possiede il potere di crearle dal nulla.

La pittura è scienza,

nipote di natura e parente d'lddio.

Eppure non son certo di essere riuscito
a comprendere come dare alle mie figure

moto...

e fiato.

NARRATORE: Il movimento, il respiro,

questo cercherai per tutta la vita.

Donare l'anima a figure dipinte.

Qui, nella tua "Annunciazione",

immortali l'attimo in cui la Vergine Maria
riceve dall'arcangelo Gabriele

la notizia che sconvolgerà per sempre
la sua vita.

Ti basta quella mano sollevata,
tra timore e consenso,

per rendere vivo il dipinto.

I fiori e le piante
sono come fuochi d'artificio

che celebrano il miracolo
della futura nascita di Gesù.

L'acqua che sgorga dalla grande montagna
feconda la terra che fiorisce.

Tutto è immerso in una luce crepuscolare,

che dona dolcezza ai tratti
e profondità al paesaggio.

Sei sempre stato profondamente affascinato
dal corpo umano,

le proporzioni, l'anatomia,
i suoi meccanismi segreti...

Con le tue mani hai dissezionato
oltre 30 cadaveri

per capire come si genera e dove pulsa
l'energia della vita.

L'età è data dallo stato delle arterie.

Quando feci l'anatomia
di un putto di due anni,

trovai ogni cosa contraria
a quelle di un uomo come questo,

che di anni ne aveva cento,

e aveva vene e arterie aride,
secche, stremate.

(BATTITO DI UN CUORE)

Il cuore è il nocciolo
che genera l'albero delle vene.

È muscolo principale di forza

e potentissimo sopra gli altri muscoli.

(BUSSANO ALLA PORTA)

UFFICIALE: Notifico a voi,
Signori Officiali, come cosa vera

che Jacopo Saltarelli, di anni 17,
consente alle persone che lo richiedono

di compiacere alle loro miserie,
con grave peccato di sodomia.

Tra queste persone Leonardo
di Ser Piero da Vinci.

NARRATORE:
L'episodio del tuo arresto per sodomia,

avvenuto dopo una denuncia anonima,

è un'ombra scura
che si allunga sulla tua vita.

Tu la respingi,

cercando la ragione scientifica
persino dei meccanismi del desiderio.

Tutto per te va indagato rigorosamente,
anche i segreti della tua sensualità.

LEONARDO:
A volte la verga ha intelletto per sé

e ancora che la volontà dell'uomo
lo voglia provocare, esso sta ostinato,

e fa da sé.

Altre volte movendosi da sé,

senza licenza o pensieri dell'uomo.

(FIATONE)

Studiare e disegnare sono per me
l'unico rifugio sicuro.

Soltanto ad essi dovrò dedicarmi.

Soltanto ad essi.

(BATTITO DI UN CUORE)
(TICCHETTIO DI UN OROLOGIO)

Chi non sa tenere a freno
la propria volontà,

con le bestie s'accompagni.

Piacere e Dispiacere si disegnano uniti

poiché l'uno nasce dall'altro.

Con le schiene voltate,

poiché l'uno all'altro contrari.

Ma uniti nello stesso corpo,

poiché dalla stessa sorgente derivano.

Se le figure non rivelano
con le membra e gli atti la mente loro,

sono due volte morte,

perché la pittura in sé non è viva.

Colpisciti al petto con la pietra.

(COLPO)

Colpisciti.

(COLPO)

NARRATORE:
Peccato.

Condanna.

LEONARDO:
Ancora.

NARRATORE:
Penitenza. Mortificazione.

Espiazione.

Forse in questa tavola mai conclusa,

in cui San Girolamo penitente
si autoinfligge dolore

per purificarsi
e raggiungere l'estasi mistica,

hai affrontato l'onta della denuncia,
del processo subito,

cercando di sublimare le passioni carnali
attraverso la pittura,

tua consolatrice e maestra.

Forse, quel volto, parla anche del tuo.

LEONARDO: Prendi un vetro
grande come un mezzo foglio reale

e fermalo tra il tuo sguardo
e ciò che desideri ritrarre.

NARRATORE: Hai un bisogno ossessivo
di sperimentare, di scoprire,

di trovare la ragione nascosta delle cose.

Solo così, puoi infine dipingere.

Poniti lontano dal vetro
due terzi di braccio

e mantieni il capo ben fermo.

Chiudi un occhio

e segna sul vetro ciò che ti appare.

E infine lucidalo, il vetro,

spolverizzalo, poni sopra buona carta
e infine dipingila.

NARRATORE: Nel tuo tentativo
di unificazione di tutti i saperi,

non fai differenza tra le onde dell'acqua,
quelle del suono e quelle della luce.

Ora ti spingi a rappresentare

persino la potente onda d'urto
di un'emozione condivisa,

che parte dalla Vergine con il Bambino
e si propaga in cerchi concentrici

con una forza mistica,

investendo tutti i testimoni
dell'evento soprannaturale,

il manifestarsi della natura divina
di Cristo.

L "'Adorazione dei Magi"
è un'opera d'arte maestosa

che resta purtroppo incompiuta.

A 30 anni la tua vita prende infatti
una direzione nuova e inaspettata.

Deluso da Lorenzo il Magnifico,

che ti manda a Milano in missione
diplomatica come suonatore di lira,

offri i tuoi talenti
a Ludovico Sforza detto "Il Moro",

potente signore della città lombarda.

Lo fai con quello che possiamo definire
il primo curriculum scritto della storia.

Anche se, escluso il troppo modesto
riferimento alle tue arti pittoriche,

non hai nessuna esperienza concreta
di quanto dichiari al tuo futuro mecenate.

Signore mio illustrissimo,

senza nulla togliere a nessuno,

mi sforzerò di rivelare
a Vostra Eccellenza

i miei segreti.

Ho progettato bombarde
facili da trasportare

e capaci di atterrire
il nemico più acerrimo.

(ESPLOSIONE)

Costruirò balestre giganti
di straordinaria potenza

e carri coperti, sicuri, inattaccabili.

In caso di battaglia sul mare,

conosco efficaci strumenti
di difesa e di offesa.

Sono in grado anche di creare ponti
robusti ma leggerissimi.

Posso anche dare opera al cavallo
di bronzo in onore di vostro padre.

E in tempo di pace
so anche un po' dipingere,

non peggio e non meglio di altri.

(TICCHETTIO DI UN OROLOGIO)

Dunque, figliolo, parti per Milano.

Sì, padre mio.

Voglio vedere
la naturale bellezza del mondo.

E credi che metterti al servizio
di Ludovico il Moro

ti consentirà di farlo?

Non posso sperare altrimenti.

Lorenzo il Magnifico pensa che io
non sia pronto per Roma e i Papi.

Forse perché sei inaffidabile, lento.

Forse perché ti perdi dietro a studi
infiniti che non portano mai frutto.

I miei studi sono lenti,

ma solo perché non mi accontento
di fermarmi alla superficie delle cose.

Chi abbrevia le opere

offende la dedizione, l'intelligenza
e l'amore di chi, invece, le crea.

NARRATORE:
Ser Piero da Vinci.

Il notaio che non poteva riconoscere
il frutto di una relazione clandestina.

L'uomo che ti ha così negato l'educazione

che il tuo profondo desiderio
di conoscenza meritava.

Il padre che, nonostante tutto, hai amato.

Arrivi a Milano
come intrattenitore di corte.

Ma sei determinato a dare forma viva
alle tue ambizioni.

È l'occasione che aspetti
e non intendi sprecarla.

Partendo dall'ultimo di quelli che pensavi
fossero i tuoi talenti.

La pittura è fondata sulla prospettiva

e la prospettiva non è altro che sapere
figurare bene come vede l'occhio.

Ma io ebbi un'altra prospettiva,

la quale chiamo...

aerea.

Se in un dipinto vuoi rendere più viva
la distanza tra un soggetto e l'altro,

dovrai figurare anche...

la densità dell'aria.

L'aria che prende l'azzurro
dai corpuscoli dell'umidità,

capaci di catturare
i raggi luminosi del sole.

È per questo che le montagne,
quando sono lontane, sembrano azzurre.

NARRATORE: È questa l'intuizione
che decidi di sperimentare

nella tua prima commissione milanese.

Fondi le singole parti del dipinto

attraverso l'invenzione sublime
della prospettiva aerea.

Immergi la "Vergine delle Rocce"
in una natura rigogliosa,

sovrastata da una grotta ombrosa
e piena di mistero,

dove Maria, il bambino e San Giovannino

diventano parte
dell'ambiente che hai creato.

Un unico organismo
che respira all'unisono,

a tempo con il battito del cuore
della Terra.

(TICCHETTIO DI UN OROLOGIO)

Per tua fortuna e merito
continui così a godere

dei favori e della protezione
di Ludovico il Moro.

Leonardo.

Mio signore.

Io voglio che la mia favorita

abbia in dono
il più bel ritratto di dama mai veduto.

Non temete, Vostra Eccellenza.

La mia pittura proverà a figurare
la virtù di tanta divina bellezza.

LEONARDO:
Prendi lo specchio e fallo tuo maestro.

Se ci fai specchiare dentro la cosa viva,

e paragoni quella cosa specchiata
con ciò che hai dipinto,

vedrai se le due cose si assomigliano.

Non volgere mai il capo verso il petto.

Se tu rappresenterai una bellezza
fatta di giuste proporzioni,

questa bellezza non è mortale

e t'innamora.

CECILIA:
Il tempo uccide la bellezza

e anche l'amore.

LEONARDO: Non la bellezza eterna
ricreata dalla pittura.

NARRATORE:
Colta, raffinata e bellissima,

è la favorita di Ludovico il Moro
a soli 15 anni.

Il suo nome è Cecilia Gallerani.

Hai ritratto la tua dama
con in grembo un ermellino,

simbolo di purezza e castità,

cogliendola nell'istante
del suo moto mentale, della sorpresa.

Fissi così per sempre
l'emozione di un attimo.

Leonis Baptiste Alberti.

"De Re

Ae...

Aedificatoria."

lncipit.

Lege Feliciter.

Un uomo senza lettere,

ecco chi sono io per loro.

Ma che mi accusino pure, è la verità.

Chi si nasconde dietro l'autorità del
pensiero altrui, non adopera l'ingegno,

ma piuttosto la memoria.

Sono troppo ignoranti per comprendere che
i miei studi sono figli dell'esperienza.

Perché io sono discepolo dell'esperienza.

E così, come maestra, io la scelgo.

Palmus autem haber quattuor.

Pertanto quattro dita fanno un palmo

e quattro palmi fanno un piede.

Le misure dell'uomo così
dalla natura sono distribuite.

1,61803398874989.

La proporzione divina.

1,618...

03398874989.

Il numero magico!

(RIPETE NUMERl)

1,61803398874989.

È il numero magico.

NARRATORE: La proporzione divina,
ossia la sezione aurea,

il numero magico usato dagli antichi greci
per le proporzioni dei templi.

Bisogna studiare fino quando ti svegli.

NARRATORE: E che in natura
si trova nelle curve delle onde,

nelle spirali delle conchiglie,
nella forma delle galassie...

O prima di addormentarti,
nel letto, allo scuro.

Pensa alla proporzione divina.

Su alzatevi, forza! Alzatevi.

NARRATORE: Dopo aver studiato
l'opera di Vitruvio,

la tua intuizione sta nel mettere
in relazione la sezione aurea

alle proporzioni perfette del corpo umano.

LEONARDO: lo voglio intendere
l'universale misura dell'uomo

che è fatto di terra, aria, acqua, fuoco,

e per questo è somigliante
al corpo della terra.

Un mondo minore.

Tanto apre le braccia l'uomo,

quanto è la sua altezza.

Dalla radice dei capelli

fino al disotto del mento

è la decima parte dell'altezza dell'uomo.

Fermo!

Lo spazio che si trova tra mento e naso

e tra radice dei capelli e sopracciglia,

è simile all'orecchio

e terza parte del volto dell'uomo.

Boltraffio, vieni qua.

Qua.

Tu sei senza proporzione.

Via, via, andate via!

Lasciatemi da solo.

Il pittore deve essere solitario.

E se sarai solo, sarai tutto tuo.

(Quattro dita fanno un palmo,
quattro palmi fanno un piede.)

(Un mondo minore.)

(lo voglio intendere
l'universale misura dell'uomo.)

(Terra, aria, acqua, fuoco.)

(La proporzione divina.)

(Tra radice dei capelli...
Disotto del mento.)

(Tanto apre le braccia l'uomo...)

(La proporzione divina.)

(lo voglio intendere
l'universale misura dell'uomo.)

(Che è fatto di terra,
aria, acqua, fuoco.)

(La proporzione divina.)

NARRATORE:
Hai vinto la tua sfida impossibile,

rappresentando l'unione simbolica
tra arte e scienza.

Il ritratto di un corpo
di superba bellezza,

inscritto all'interno
di due forme perfette,

il cerchio e il quadrato.

Un capolavoro, emblema del Rinascimento,
in cui umano e divino si intrecciano.

Nella sua armonia di forme,
è immagine perfetta dell'uomo,

che diventa centro della natura
e dell'universo.

Il fuoco,

re degli elementi,

per punire l'acqua che gli sta sopra,
innalza la fiamma e la fa bollire.

L'acqua, per rendergli obbedienza,

trabocca.

E cala verso basso.

Ma annega e spegne il fuoco...

suo padrone.

Giacomo era ancora un bambino di
dieci anni quando venne a bottega da me.

Era il luglio del 1490.

Appena il secondo giorno che era con noi
gli feci confezionare due camicie,

un giubbone, e un paio di calze rosa.

Lasciai il denaro, lire 4,

per pagare le dette cose nella scarsella
e lui rubò tutto.

Nonostante avessi la certezza
della sua colpa,

rifiutò sdegnato di confessare.

Ladro,

bugiardo, ghiotto e ostinato.

Un furfantello come il diavolo
nel "Morgante" del Pulci.

Ho deciso, ti chiamerò Salaì.

(DEGLUTISCE)
(TOSSISCE)

(RIDE)

(SOSPIRA)

LEONARDO:
Forse...

Forse ci siamo.

Fermo Salaì.

Quest'occhio di bove
non è fatto per esser mangiato,

ma per farne anatomia.

Vedi, così si fa sodo e quando lo tagliamo
non versa il suo umore.

Vieni.

Ora osserva.

Ogni immagine,

anche quella del più piccolo oggetto,

entra nell'occhio capovolta.

Poi viene subito ribaltata

e riprende la posizione
dell'oggetto esterno.

Hai capito, Salaì?

Così è fatto un occhio e così funziona.

Adesso raggiungi gli altri, dai.

Vai, che ho del lavoro da finire.
Forza, Salaì.

NARRATORE:
Finalmente arriva anche il tempo

di mantenere la promessa
fatta a Ludovico il Moro,

costruire il più grande monumento equestre
che sia mai esistito.

Il colossale cavallo in bronzo

con cui il Moro vuole celebrare la memoria
di Francesco Sforza, suo padre.

I desideri del Moro
nutrono la tua ambizione

e ancora una volta sogni l'impossibile.

Non ti basta modellare le forme
di un cavallo magnifico.

La tua creatura
deve essere ideale, perfetta.

Un destriero
nell'impeto violento della battaglia.

Ma come potrà reggersi su due sole zampe
tutta quella massa di bronzo?

LEONARDO: lmpennato non si può sostenere,
allora sarà al passo.

Ma grande quattro volte il naturale,

dodici braccia in altezza,

cento tonnellate di bronzo.

Io non temo il mito degli antichi.

(TICCHETTIO DI UN OROLOGIO)

Sono dieci anni, Leonardo.

Dieci anni che io,
il tuo signore, aspetto.

Dov'è la statua per cui ti ho pagato?

- Vostra Eccellenza, ascoltate...
- No.

Io non voglio ascoltare.

La mia pazienza è finita

e anche il tuo tempo.

Mio signore, vi prego.
Ho trovato la soluzione.

Guardate con i vostri occhi.

(BACIA IL LIBRO)

Questa sarà l'armatura
per la fusione della testa in bronzo.

Non c'è più tempo
per la gloria dei padri, Leonardo.

Carlo Vlll, re di Francia,
già bussa alle porte del castello.

Il bronzo del cavallo
servirà per i cannoni.

Hai avuto la tua occasione.

E l'hai sprecata.

NARRATORE: Il tuo sogno di competere
con i grandi artefici dell'antichità

si riduce in polvere.

Sono sempre le circostanze
a ostacolarti, Leonardo?

Cosa c'è nel mondo o in te stesso

che ti impedisce di terminare
le imprese che affronti?

LEONARDO: Alla Signoria Vostra
mi sottometto e chiedo aiuto.

Assai mi rincresce di essere in necessità.

Ma ho mantenuto sei bocche per 36 mesi

e ho avuto solo 50 ducati.

Del cavallo non dirò più
nulla, perché conosco i tempi.

Il desiderio mio è sempre ubbidire
a Vostra Eccellenza.

Questa volta non vi deluderò, mio signore.

Vi do la mia parola.

NARRATORE:
Mantieni la promessa.

Togli i pannelli di legno che rivestivano
la grande Sala delle Asse del castello

e decidi di realizzare una magia.

Con il disegno di tronchi d'albero
e gelsi mori

crei un'illusione prospettica
capace di sfondare la volta,

tramutando un interno in esterno.

Afferrare il cielo, farlo tuo.

Vincere i limiti imposti dalla natura,

osare più di qualsiasi uomo
abbia fatto prima di te.

È questa l'ennesima ossessione che
ti seduce e di cui non riesci a liberarti.

Con un notevole e ripetuto
sforzo di osservazione,

catturi e poi figuri nel disegno
un istante,

nell'ordine del trentesimo di secondo.
Come il battito d'ali di una libellula.

LEONARDO:
Volare non significa battere le ali.

Una volta che abbiate conosciuto il volo,

camminerete sulla terra
guardando il cielo.

Perché là siete stati

e là desidererete tornare.

NARRATORE: Finalmente nel 1494,
a 12 anni dal tuo arrivo a Milano,

viene il tempo di dimostrare
il tuo talento.

Ludovico il Moro
ti commissiona una pittura murale.

Una grande parete di 40 metri quadrati,

quella settentrionale del refettorio
del convento di Santa Maria delle Grazie.

Voglio realizzare un'opera

per la quale io possa mostrare
a quelli che verranno chi sono stato.

Quest'opera sarà una lunga battaglia.

Tutti i miei saperi mi verranno in aiuto.

NARRATORE:
Riempi i taccuini dei tuoi studi.

I disegni preparatori degli apostoli
sono bellissimi,

a penna, a inchiostro, a sanguigna.

Per più di tre anni
ti dedicherai a quest'opera,

rendendola più vera del vero,

il manifesto dell'arte moderna.

(TICCHETTIO DI UN OROLOGIO)

Il priore del convento dice che lavori
appena due ore al giorno.

E a volte neppure tocchi il pennello.

Ti prendi gioco di noi, Leonardo?

Il priore dice la verità,
Vostra Eccellenza.

Perché, prima di dipingere,
devo figurarmi l'immagine nella mente.

Soltanto allora
posso impugnare il pennello.

Sia come sia,

io non vedo niente.

È tutto qua, Vostra Eccellenza.

Manca solo il Giuda.

E se il priore insiste ancora,
userò la sua faccia.

(SORRIDONO)

Va bene.

Se riuscirai a portare a termine l'impresa
e a farne un capolavoro,

avrai in dono una vigna che possiedo
qui vicino al convento.

NARRATORE: Continui così
a cercare per le strade i volti e i corpi

che diano vita e verità
ai tuoi personaggi.

LEONARDO:
È più di un anno

che ogni giorno, sera e mattina,
mi reco in Borghetto,

ove abitano
tutte le vili e ignobili persone.

Solo per trovare un viso adatto
a rendere l'immagine del mio Giuda.

NARRATORE: L'infinitamente brutto,
l'eccentrico, il mostruoso,

ti affascinano al pari
di un viso di divina bellezza.

(BRUSIO)

Eccolo il volto del tuo Giuda,
l'hai trovato.

Una cena tra amici.

Una famiglia riunita,
acquisita, allargata,

come la tua, Leonardo.

In cui i sentimenti vanno oltre
i legami di sangue.

Dodici uomini.

E il loro Maestro.

Eccoli, nelle sembianze degli apostoli
dell "'Ultima Cena",

i volti di quegli esseri umani
che avevi fermato nei tuoi taccuini.

LEONARDO:
Tu che bevi,

lascia la sacca dov'è e volgiti.

No.

Non guardare verso di lui,

ma verso il centro.

Così.

Tu invece volgi il volto a quell'altro,

sorpreso, attonito.

Posa le mani sulla tavola.

Guarda oltre.

Mostra i palmi aperti

e dischiudi la bocca per la meraviglia.

Parlagli all'orecchio e tu allungati
verso di lui per ascoltarlo.

In verità,

in verità vi dico,

uno di voi mi tradirà.

Guardatevi l'un l'altro,
perché non sapete di chi sto parlando.

Ma chi è che ti tradisce?

Son forse io, Signore?

- Chi è che ti tradisce?
- Sono forse io, Signore?

- Chi è che ti tradisce?
- Sono forse io, Signore?

- Chi è che ti tradisce?
- Sono forse io, Signore?

NARRATORE: L'immediato istante
dopo la rivelazione del tradimento.

C'è uno sgomento insopportabile,

un tumulto umano collettivo
nelle espressioni, nei gesti,

nella postura degli apostoli, di fronte
alle parole appena pronunciate da Gesù.

Invece che stringersi intorno al Maestro,
i suoi discepoli se ne allontanano,

quasi fuggissero prima del tempo,

spaventati dalle parole
di chi tanto hanno amato.

Sulla tavola, in un ordine che sembra
seguire l'armonia dello spirito,

c'è il pane e c'è il vino,
presagi del sacrificio di Cristo.

Gesù si consegna al suo imminente destino

aprendo le braccia a Dio
e a tutti gli uomini.

Accoglie tutti, anche Giuda,

che tiene stretto tra le mani
il prezzo della sua maledizione.

È agitato, avvolto, lui solo,
dalle tenebre del peccato.

Alle sue spalle,
Pietro brandisce il coltello,

già pronto a vendicare il suo Maestro.

Tu, solo tu Leonardo, sei riuscito
a rappresentare i sentimenti umani

come raffigurazione del mistero divino.

Ancora oggi,
nonostante la tua "Ultima Cena"

abbia perduto i colori vibranti
che avevi scelto con cura e scienza,

si giunge dinanzi a questa parete

e ci si commuove
per la grazia e il mistero che emana.

Perché i tuoi apostoli sono vivi,
sono umani, siamo noi.

Dopo la caduta di Ludovico il Moro,
Milano finisce nelle mani dei francesi.

Perso il tuo mecenate,

e dopo aver trovato riparo
a Mantova e Venezia, ti rifugi a Firenze.

Qui continui a perfezionare le tue opere
con infinita devozione.

Ti è impossibile concluderle.

Laddove gli altri vedono la perfezione,

tu ancora ti ostini a cercarla.

Ricevi una nuova commissione,
"Sant'Anna, la Vergine e il Bambino".

In quest'opera monumentale
e insieme profondamente intima,

piena di emozione,
è impossibile distogliere lo sguardo

dal sorriso dolcissimo che la Vergine
regala al suo bambino.

Un'immagine di gioia e armonia,
come un ricordo d'infanzia.

Caterina Buti del Vacca, tua madre,
serva di Ser Piero,

dopo averti dato alla luce
fuori dal matrimonio,

ti ha lasciato alla famiglia di tuo padre.

Solo così poteva garantirti i mezzi
per essere nutrito, curato, cresciuto.

Rinunciare a te, suo figlio,
per regalarti un futuro.

Un puro gesto d'amore.

LEONARDO: Il bambino nel ventre,
se respirasse, annegherebbe.

(BATTITO DI UN CUORE)

E il respiro non gli è necessario,

perché lui è vivificato dalla vita
e dal cibo della madre.

Spese per la morte di Caterina.

NARRATORE: L'unica pagina dei tuoi appunti
in cui ricordi tua madre.

Una lista gelida, impersonale,

l'elenco delle spese
sostenute per la sua sepoltura.

Portatura e postura croce, quattro scudi.

Per la portatura del morto, otto scudi

Per quattro preti e quattro chierici,
20 scudi.

NARRATORE:
Tu, capace di immortalare nella pittura

il più sottile turbamento di un'anima,
affronti così le tue emozioni?

Ti spaventa essere umano?

Da cosa ti difendi?

Per i sotterratori, 16 scudi.

(RUMORE DI SPADE CHE SI SCONTRANO)

LEONARDO:
Farai uomini morti ricoperti di polvere.

Altri che, morendo,
stringono i denti e strabuzzano gli occhi.

(NITRITO DI UN CAVALLO)

Farai la polvere
che si mischia con il sangue

e si trasforma in fango rosso.

NARRATORE:
Nel 1502, passi alcuni mesi

al servizio di uno dei tiranni
più crudeli della storia, Cesare Borgia.

La nomina ad Architecto
et lngegnero Generale ti lusinga,

ti illude di poter finalmente realizzare
i progetti delle tue macchine belliche.

Ma l'esperienza è atroce.

Trovai anche un artificio
per sopravvivere sott'acqua,

ma non voglio scriverlo

e renderlo strumento
per la cattiva natura degli uomini,

i quali lo userebbero per assalire le navi

e sommergerle in fondo al mare
con tutti gli uomini che vi sono dentro.

NARRATORE: Le fantasie giovanili diventano
realtà terribili di morte e dolore.

Non puoi sopportarlo. Devi fuggire.

Salvami dalla discordia,

la guerra è pazzia bestialissima.

NARRATORE: Quando a Firenze
il Gonfaloniere Pier Soderini

ti chiede di dipingere
la "Battaglia di Anghiari"

nella sala del Gran Consiglio
a Palazzo Vecchio,

porti in dote tutto quello che hai visto
e che ti ha sconvolto.

Forse, solo raffigurando l'orrore
a cui hai assistito,

riuscirai a liberartene.

LEONARDO: Per l'opera a Palazzo
scelsi una tecnica antica,

pece e pigmento
mescolato con olio di lino.

L'ardore delle braci
doveva fissare la pittura per sempre.

Ma in basso

il fuoco seccò il colore,
mentre in alto, per la grande distanza,

il calore non arrivava

e la pittura iniziò a colare.

NARRATORE: La "Battaglia di Anghiari"
si discioglie davanti ai tuoi occhi

consegnando all'oblio
i suoi disperati combattenti

e perdendosi per sempre.

LEONARDO:
Addì 9 di luglio 1504,

mercoledì a ore 7,
morì Ser Piero da Vinci,

80 anni di età,

notaio di Palazzo del Podestà,

mio padre.

NARRATORE:
Ser Piero da Vinci, tuo padre.

Quello stesso padre che neppure prima
di morire ti riconosce come suo figlio,

quello stesso padre
che non ti lascia nulla,

se non l'ombra,
sempre più sbiadita, del suo ricordo.

(TICCHETTIO DI UN OROLOGIO)

Eppure, anche se a quel tempo
non potevi saperlo,

devi ringraziare tuo padre di una cosa,

un incontro fondamentale,
per quel che accadrà poi.

Maestro Leonardo,

ma chi era il messere
che è venuto a farvi visita?

Salaì, si tratta
di Messer Francesco del Giocondo

e lo ha mandato da me mio padre,
suo notaio.

Monna Lisa Gherardini, sua terza moglie,
gli ha appena donato un figlio.

E lui vuole renderle omaggio
con un ritratto da me realizzato.

E già gli chiedeste qualche fiorino
per l'anticipo?

Io non sono dipintore da quattrini, Salaì!

SALAÌ: Allora vorrà dire
che mangeremo pittura.

NARRATORE:
Era il 17 febbraio del 1497.

La storia del dipinto più famoso al mondo
inizia qui.

Ma a chi appartiene davvero quel volto?

Chi ti ha ossessionato
per più di dieci anni,

al punto da trasformare il ritratto
di una donna in un'immagine ideale,

fuori dal tempo?

LEONARDO:
Non tornerò mai più a Firenze.

Ora sono i francesi
a essere padroni di Milano.

NARRATORE: Sì, Leonardo,
ormai non hai più nulla che ti trattenga.

Il re di Francia Luigi Xll
pretende i tuoi servizi a Milano.

Porti la rinascita
nelle più importanti corti d'Europa,

insieme al tuo sterminato
patrimonio di studi

e le opere da cui non vuoi separarti.

(TICCHETTIO DI UN OROLOGIO)

Maestro Leonardo.

(SI SCHIARISCE LAVOCE)

Maestro Leonardo...

il mio nome è Francesco Melzi.
Mi manda mio padre, Girolamo Melzi.

Spera di farvi cosa assai gradita.

LEONARDO:
Chi sei tu?

Francesco Melzi, mi manda mio padre,

Girolamo Melzi.
Spera di farvi cosa assai gradita.

E le farò da allievo,

segretario

e scrivano.

Per servirla, Maestro Leonardo.

Tuo padre
mi fa assai gradito dono, figliuolo.

Luce, tenebre,

colore, corpo.

Avanti scrivi.

Figura, sito,

remozione,

propinquità,

moto e quiete.

Saranno dieci i miei libri
che parleranno della pittura.

La sapienza è figliuola dell'esperienza.

Tutto chiaro?

Sì, Maestro Leonardo.

LEONARDO:
Bene.

Cominciamo.

Ho da riordinare molte carte,

figlie di una vita intera.

Maestro,

guardate.

È tutta opera dell'ingegno vostro.

Siete contento?

NARRATORE:
In quelle carte c'è tutto,

una vita interamente dedicata
alla conoscenza di tutte le cose.

Ma parlano anche di te.

Perché tu, Leonardo,
non sei solo scienziato e artista.

Sei anche un uomo.

(TICCHETTIO DI UN OROLOGIO)

Salaì, la mano morbida, più in alto.

A indicare.

Così, immobile.

SALAÌ: Maestro,

quanto ancora?

La tua lingua sarà impedita dalla sete
e il corpo dalla fame e dal sonno

prima che tu, con parole,

dimostri quello che il pittore
ti dimostra in un istante.

Pazienza, Salaì.

Pazienza.

NARRATORE:
Salaì, Salaì.

Questo ragazzo di strada dalla bellezza
impertinente ti ha rapito il cuore.

Furti continui, bugie, tradimenti...

ogni volta ti fa arrabbiare e soffrire
ma poi, immancabilmente, si fa perdonare.

Il volto di Salaì
ritorna in molte tue opere.

Ma nel "San Giovanni",
sei riuscito a rubargli l'anima.

Una creatura bellissima e misteriosa,
androgina e ambigua.

Un santo, e un angelo del male
allo stesso tempo.

E nel suo gesto,
nel suo indicare il cielo,

forse hai riposto la speranza

in un luogo dove la felicità non sia solo
un sogno destinato a spezzarsi.

A 65 anni, messa da parte l'ambizione di
riuscire ad inserirti nella Roma papale,

dove i protagonisti assoluti
sono Michelangelo e Raffaello,

hai ancora il desiderio di cambiare,
per imparare e conoscere.

Ti attende la corte di Francia,

dove il re Francesco I
ha richiesto i tuoi servigi,

offrendoti una dimora
vicina al suo castello.

(TICCHETTIO DI UN OROLOGIO)

SALAÌ: Il Regno di Francia
non fa per me, Leonardo.

A Milano starò molto meglio.

Resta qui, Salaì.

Ti abituerai a questa terra,
devi solo avere pazienza.

Il Re di Francia in persona
mi ha nominato primo pittore,

ingegnere e architetto.

Io non posso rinunciare a tutto questo.

Addio, maestro.

I sentimenti appartengono alla terra.

La ragione, quando contempla,
è al di là dei sentimenti

NARRATORE:
Salaì ti ha abbandonato.

Ma tu sai come si fa a vivere
in compagnia di un'assenza.

La nostalgia diventa nella tua pittura
presenza viva e immortale.

Ed eccolo qui il mistero dell'anima,

una sottile e minutissima
vibrazione di luce

intorno a due riccetti ombrosi.

Solo un timido sorriso
su un volto di donna,

così difficile da provocare nella realtà,

così impossibile
da rappresentare nella pittura.

Serena e malinconica,

vicina e lontana,
madre e perfetta sconosciuta.

La Gioconda resta una creatura
inafferrabile, un miraggio di desiderio.

Questa donna, dallo sguardo che ci insegue
da qualsiasi lato la si osservi,

sembra prendersi gioco di noi,

imperturbabile
rispetto al nostro desiderio di capirla,

al passare dei secoli,
al cambiare del mondo e della natura.

Perché, come ci hai insegnato tu,
Leonardo, la pittura la fa eterna.

Ora hai tutto quello
che hai sempre desiderato,

un mecenate che apprezza il tuo talento,
un salario importante,

tempo e libertà
per i tuoi studi e i tuoi dipinti.

Hai trovato finalmente la tua casa.

Ma non riesci a spegnere i pensieri
che si aggrovigliano gli uni agli altri,

come vortici di tempesta.

Perché non trovi pace?

Quali paure raccontano le tue tempeste?

LEONARDO:
Tenebre...

vento, fortuna di mare,

diluvio di acqua,

selve infuocate,

pioggia...

(TUONO)

Saette del cielo, terremoti,

rovina di monti,

spianamenti di città.

NARRATORE:
Persino la natura ti diventa ostile.

La raffiguri terribile, distruttiva,
impossibile da governare.

Più conosci e più vorresti conoscere.

Ma non è possibile,
per un semplice uomo, seppure grande,

decifrare il disegno del mondo.

LEONARDO:
Ciò che so è molto,

ma ciò che non so è troppo.

(TUONl)

L'età avanza

e il tempo che resta,

poco.

Quando io crederò imparare a vivere,

imparerò a morire.

Come una giornata ben spesa

dà lieto dormire,

così una vita ben spesa

dà lieto morire.

Eccetera.

Perché la minestra si fredda.

(TUONl)
(MUSICA CLASSICA)