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MADRID, 2016 - INVERNO

Mi sorridi con gli occhi?

Ora rilassa il viso, guarda
dall'altro lato e poi girati verso di me.

Così.

Adesso appoggia i gomiti sul tavolo.

Il mento...
Così.

Senza spingere.
E ora dall'altra parte.

Bene.

Sorridi un pochino.

Guarda me.

Ora guarda l'obbiettivo.

- Tieni. - Grazie.
- Scusa, Janis, i teschi servono?

- Be', non so, dopo vediamo.
- D'accordo.

- Ci sediamo?
- Sì.

A che servono i teschi?

Mi hanno chiesto un ritratto
stile Amleto, così, con un teschio.

Però mi sembra troppo scontato un
antropologo forense in posa con un teschio.

- Non lo facciamo.
- Menomale.

La redattrice ha detto
che vuoi chiedermi qualcosa.

Sì. Se hai tempo,
ne parliamo dopo il servizio.

Sì, nessun problema.

- Volevo chiederti degli scavi
di una fossa comune. - Ah!

Dimmi.

Fuori dal mio paese c'è una fossa con
dieci cadaveri, tra quelli c'è il mio bisnonno.

Quando è uscita la Legge sulla Memoria
Storica, il giudice competente si è astenuto.

- Da allora abbiamo avuto solo risposte negative.
- Ora è ancora peggio, hanno ritirato le sovvenzioni.

In un'intervista il presidente Rajoy si vantava di
non aver disposto un solo euro alla Memoria Storica.

- Sì, ho letto.
- E' assurdo.

- Per questo volevo parlare
con te e chiederti un consiglio. - Sì.

All'Associazione per la Memoria Storica
del mio paese, al di là dei monti,

abbiamo raccolto informazioni
minuziose sulla fossa.

- Sai dove è situata? Sì, in paese
lo sanno tutti, per questo è intatta.

Mia nonna mi ha lasciato tutti i documenti.

La fossa è qui.

Il mio bisnonno fu portato via appena
scoppiò la guerra, nella prima settimana.

Come fate a essere sicuri del luogo?

Una delle vittime sepolte dai falangisti,

lui, Manuel Blanco Trujillo,

lo hanno dato per morto,
invece era solo ferito.

Quella notte uscì dalla fossa,
tornò a casa e raccontò tutto.

Prima di darsi alla macchia, disse alla famiglia
chi erano le altre vittime e dov'era la fossa.

Il mio bisnonno.
Era maestro e fotografo.

Prima della guerra, aveva fotografato
per caso tutti quelli che sarebbero morti con lui.

Nicasio Sanz García, il Carlista.

Facundo Nuño Tomé.

José Gutiérrez Castro
e Francisco Alonso González.

Gregorio Sánchez Muñoz, il Rincagnato.

César Cruz Arranz.
Sua figlia è ancora viva, si chiama Brígida.

Teófilo Robles García.

Pepe Medina Sánchez
e Benito García Rodríguez.

Mia nonna. Annotò i nomi di tutti
quelli che scomparvero insieme a suo padre.

Sono in un quaderno, dopo te lo mostro.

Alcune famiglie vivono ancora nel paese,
altre no. Però altre vivono nel paese vicino.

Tutte queste informazioni
sono di grande aiuto.

Con l'Associazione del paese,
negli anni siamo riusciti a racimolare qualcosa.

Vorremmo sapere quanto ci costerebbe
da privati assumerti per occuparti degli scavi.

- Io lo farei anche gratis, ma non posso
farlo da solo. - L'intero paese ti aiuterebbe.

Va bene, però mi serve personale
specializzato in scavi archeologici.

- Non bastano operai con pala e piccone.
- Certo.

Ad ogni modo, se c'è qualcosa che possiamo
fare, tutto il paese è pronto a dare una mano.

Be'... sto improvvisando.

Io faccio parte
di una fondazione privata di Navarra,

che si chiama la Confraternita
per il Recupero della Memoria Storica.

- Be', lo sapevo.
- Ah, sì? - Sì, ma non osavo...

Te lo verso?

E' una fondazione scientifica che si occupa
dello studio delle radici della cultura Navarrese.

Il nostro lavoro non è riaprire le fosse,

ma la situazione ci ha già portati
ad intervenire una volta.

Tutto dipende dal luogo, dalla data, dalle
informazioni sulla guerra che possiamo ricavarne.

Per esempio, il fatto che questa fossa risalga ai
primi giorni della guerra, è un fatto interessante.

Era la notte del 25 luglio, così dicono
mia nonna e gli altri abitanti del paese.

Potresti presentare il progetto
alla fondazione, affinché lo studino.

Visto che è così dettagliato,
farò in modo che almeno lo considerino.

- Non sai quanto te ne sia grata.
- Certo, ma non sarà una cosa immediata.

La fondazione impiega anni prima di
approvare un progetto, ma vale la pena provare.

Oh, ma certamente.

Grazie mille, davvero.

Oggi vado via alle 16:00,
porto mio marito dal dottore.

Ah, certo.
Come sta?

E' un po' teso.

Poverino.

- Sì?
- Ciao, Janis. Come va?

Ciao, Arturo.

Ti ho telefonato per dirti che la fondazione
ha ricevuto il progetto. Ti chiameranno.

L'ho mandato tre giorni
dopo il servizio fotografico.

Un'altra cosa. Tra una settimana
sarò a Madrid per una perizia.

Stavo pensando che potremmo vederci,
se ti va, ovviamente.

- Quando?
- Mercoledì prossimo.

Nel pomeriggio sono libera.

Ah, be'... allora ci vediamo mercoledì.

A mercoledì.

MATERNITA'
PRONTO SOCCORSO

Respira dal naso.

Profondamente.

Non fare così... è peggio.

Così.

Così.

Non avere paura, andrà tutto bene.

Vedrai.

- Sei sposata?
- No, e tu?

Io? No, no...

Allora siamo due madri sole.

Il mio è stato un incidente,
ma sono felicissima.

Anche il mio è stato un incidente.

Io non sono pentita.

Io sì.

Dai, non dire così.
Andrà tutto bene, vedrai.

Non sei sola, vero?

No, ho mia madre.

- Bene.
- Ma non si è ancora abituata all'idea.

Be', ci si abituerà.

Ana!

- Ciao.
- Non dovresti essere a letto?

Camminare le fa bene,
aiuta a far scendere il bambino.

- Sono Janis, la sua compagna di stanza.
- Salve. Io sono Teresa, sua madre.

- E la stanza?
- E di là.

Andiamo.

Va bene.

Su, piano piano.

Ho parlato con papà.

- Non può venire.
- Lo immaginavo.

Ci augura buona fortuna.
E dice che devi stare tranquilla.

Già.

- Ciao. Eccomi.
- Ciao!

- Ciao, tesoro.
- Come va?

- Fa molto male?
- Tanto.

Stanno per farci l'epidurale.

- Non vedo l'ora di vedere
il faccino di Cecilia. - Anch'io.

Che cosa darebbe tua nonna per esserci qui...

- Loro sono Ana e sua madre, Teresa.
- Salve.

- Elena è la mia migliore amica.
- Piacere. - Piacere mio.

- Anche a voi manca pochissimo, eh!
- Sì, pochissimo.

Ora spingo. Forza!

Riposati, respira.
Respira piano.

- Non ce la faccio.
- Sì che ce la fai. Sei bravissima, amore.

Si vede la testa!

- Si vedono i capelli.
- Ha i capelli! - Che emozione.

Non avere paura, sta uscendo.
Su, un'ultima spinta.

Dai, prendi aria. Prendi aria...

Uno, due...
e ora spingi forte, dai!

Spingi, spingi, spingi!

Tesoro, così, forte! Spingi, spingi!

Ecco fatto, eccola qui la tua bambina.

Ciao, amore.

Sei stata bravissima.

Sì, amore mio...

Sì?

- L'infermiera mi ha detto che eri qui.
- Ana!

Entra.
Vieni, siediti.

Sono felice di vederti.

E la piccola?

Sta bene.
E' sotto osservazione.

Me l'hanno appoggiata addosso
solo un momento.

Non è stupendo sentirla palpitare
sul tuo petto?

Non vedo l'ora che me la riportino.

- Anche la tua è in osservazione?
- Sì.

Dev'essere normale.

La mia aveva problemi di adattamento
alla vita extra uterina, così ha detto il medico.

Cominciamo bene, questa è
la vita che l'aspetta, extra uterina.

- Già.
- A quanto pare non è niente.

La poverina aveva difficoltà
a respirare fuori dall'utero.

- La tua che ha?
- Pare che abbia gli zuccheri bassi.

- Comunque hanno detto che non è niente.
- Certo, sicuramente.

Ti lascio il mio numero,
se vuoi chiamarmi.

Siamo nella stessa situazione,
così possiamo chiacchierare.

- Quando ti danno la bambina?
- Stasera, credo, o nel pomeriggio.

Anche a me.

Vediamo...

- E' il mio cellulare.
- Bene.

Ti lascio anche il fisso di casa, va bene?

Sì?

- Ciao. - Buongiorno.
- Posso? - Ciao.

Ciao, tesoro.

- Com'è andato il provino?
- Oh, è stato fantastico!

Ho appena finito.

Dovevo fare una delle signorine, ma ho
chiesto al regista di provare la parte di Rosita.

L'avevo preparata a casa
senza che nessuno me lo dicesse.

- Ma Donna Rosita è la protagonista.
- Sì.

Me l'ha fatta fare il provino
e gli sono piaciuta!

Allora mi ha fatto leggere
una scena finale difficilissima.

Mi ha dato un paio d'indicazioni,

e mi sono identificata subito
in quel personaggio avvizzito e frustrato.

- Che bello, mamma. - Mi ha dato altre scene
da studiare e continueremo il provino domani.

Sono stata un po' avventata,
ma a lui è piaciuto,

ed è rimasto stupito, gli si leggeva in faccia.

Immaginate se mi facesse
interpretare Donna Rosita!

- Congratulazioni.
- Ma non è ancora certo.

Hanno già un'attrice per quel ruolo,
ma nulla mi vieta di sognare.

- Sono felice per te.
- Grazie, tesoro.

Voi state bene?

- Sì.
- Sì.

Crocchette, le ha fatte Clarissa.

- E le bambine?
- Stanno bene, sono in osservazione.

Ah!

- Io vado, ci vediamo stasera.
- A dopo, Deborah.

Non capisco questa storia.

- Vive a casa tua come una regina e non
aiuta neanche. - Di giorno deve studiare.

E' l'unico modo di avere una tata per la notte.

Deborah se ne approfitta.

- E poi mangia come un bue.
- Ma va'!

- Se vedi che sta troppo al cellulare, avvisami.
- Non lo molla.

Vuoi mangiarmi il dito?

- Che cosina meravigliosa! - Mamma,
fai piano, sta dormendo. - Sì, sì, piccina.

Ci vediamo stasera.
Per qualsiasi cosa, chiamatemi.

Non posso credere che abbia avuto la parte.

- Per me è esageratamente drammatica.
- E' molto contenta.

Ogni giorno che passava era come se mi
strappassero un indumento intimo dal corpo.

Oggi si sposa un'amica,

e poi un'altra e un'altra ancora,

e domani ha un figlio... e cresce,

e viene a farti vedere
i voti della sua pagella,

e fanno case nuove e nuove canzoni,

e io, sempre la stessa,

con lo stesso batticuore.

Sempre la stessa.

Ma un giorno vado a passeggio e mi
rendo conto di non conoscere più nessuno.

Ragazzi e ragazze
mi lasciano indietro perché mi affatico.

E uno dice: "Guarda la zitellona".

E un altro, bello e ricciuto, commenta:

"Oramai chi se la piglia quella?"

Io sento,

e non posso gridare,

ma vado solo avanti

con la bocca piena di veleno

e una voglia tremenda di fuggire,

di togliermi le scarpe,

di riposarmi

e non muovermi più,

mai più,

dal mio angolo.

- Sei pronta per la prima, Teresa.
- Molte grazie.

Per oggi abbiamo finito.

A proposito della prima,
la data sarà la stessa, ma non a Madrid.

Cosa?

Il produttore dice che Madrid non sarà disponibile,
quindi faremo una tournée nelle altre province.

In settimana avrete più informazioni.

- Rinviamo la prima?
- No, debutteremo in un'altra città.

A Bilbao o a Valencia, vedremo.

- Non è così male arrivare a Madrid con lo
spettacolo già rodato. - Potevi dircelo prima.

Ho degli impegni a Madrid, il mese prossimo.

- L'ho appena saputo, e avete un mese
per organizzarvi. - Io non posso lasciare Madrid.

Adesso ne parliamo, Teresa.
Domani avrete i dettagli sulla tournée.

Se avete problemi, è il momento di risolverli.

- A domani.
- A domani.

Io non posso partire perché in casa ho mia
figlia adolescente con sua figlia appena nata.

- Non posso lasciarle.
- Trova una soluzione, Teresa, il teatro è così.

- Ma mi avevi detto che avremmo debuttato
a Madrid.- Sì, ma non si può, mi dispiace.

Vedrò cosa posso fare, però non lo so.

Ana, il teatro di Madrid dove
credevamo di debuttare non è libero.

Mi hanno appena comunicato che faremo
una tournée in provincia per qualche mese.

- Qualche mese?
- Sì.

Ho il cuore a pezzi, non voglio lasciarti,

ma è tutta la vita
che aspetto un'occasione simile.

Potrebbe essere una svolta per la mia carriera.

Ma se tu mi chiedi di restare, io resto.

Sai che non te lo chiederò.

E se chiamassimo tuo padre per dirgli
che torni al paese? Sarebbe molto felice.

Con me e la bambina?
Non dire sciocchezze, per favore, mamma.

Se lascio la compagnia, non lavorerò mai più.

E poi non starei sempre via; dal lunedì al
mercoledì siamo liberi, tranne che a Barcellona.

Vattene in tournée, allora,
ma io ho bisogno di aiuto.

E poi Clarissa dovrà pur riposare
ogni tanto, quindi dovrai assumere una tata.

Una sua cugina è disponibile.
Mi piace e ha esperienza.

- Non voglio una persona qualunque,
parlane con lei. - Sì, certo.

E chiedi a papà i soldi
per il mio mantenimento.

- Ricordagli che sono ancora minorenne.
- Non preoccuparti dei soldi, non sono un problema.

Ana dovrebbe tornare a Granada
dalle amiche, qui non conosce nessuno.

- Io non credo che voglia tornare.
- Chiamala e chiediglielo con dolcezza.

Dille che starà meglio lì che in qualsiasi
altro posto. Dimostrale un po' d'interesse.

- Dopo quello che ha passato... - Tornare
qui significherebbe rivangare il passato.

Io non posso perdere quest'occasione, Alex. ??
E' orribile litigare per questo!

Chiedile se vuole venire.

Prima mi piacerebbe percepire
da parte tua un minimo d'interesse.

Ti ricordo che per la legge
la ragazza è un tua responsabilità, Alex.

Me l'hai tolta tu,
e ricordati come me l'hai ridata.

- Non c'entra niente questo argomento,
adesso. - Be', le cose stanno così.

Chiamami e dimmi cosa decidi.

- Pronto?
- Ciao, Janis. Come stai?

Molto impegnata, come puoi immaginare.

Sono a Madrid. Posso passare
a trovarti e a conoscere Cecilia?

Non sono presentabile, e sono occupata.

Ma facciamo tra un'oretta, va bene?

Va bene, grazie.

Ci vediamo dopo.

Janis, posso parlarti?

Dopo il corso di Filologia Ispanica

vorrei iscrivermi a Letteratura Classica.

Potrei restare ancora qui?

Non lo so... Se vuoi restare,
devi fare tutto quello che ti dico.

Sei molto distratta.

- E non metterti le cuffie di notte.
- No, no.

"No, no", però fai sempre come ti pare!

Vado io. Lasciaci soli,
non farti vedere in giro per la casa.

- Ciao.
- Ciao.

- Buon anniversario.
- Non è il mio compleanno.

- Oggi è un anno esatto dalla prima volta
che siamo stati insieme. - Davvero? - Sì.

Qualcosa non va?

Sono incinta.

E... cosa pensi di fare?

Di tenerlo.

Ci ho pensato tanto...

Non pensavo che sarebbe successo,

ma ho sempre voluto un figlio
e presto compirò 40 anni.

- Il tempo è quasi scaduto.
- Già.

Scusa, sono un po' scosso.

- Già. - Mi piace l'idea di avere
un figlio con te, Janis, credimi.

- Ma non so se ora me lo posso permettere.
- Il punto non è se possiamo permettercelo.

- Il punto è che è già qui.
- Non ancora, c'è un'alternativa.

No, Arturo, io voglio tenerlo.

- Mia moglie ha il cancro, è in piena
chemioterapia. - Lo so, e mi dispiace.

Non è il momento di dirle
che avrò un figlio con un'altra.

Arturo, te l'ho detto perché pensavo dovessi
saperlo, ma ti sollevo da ogni responsabilità.

Porterò avanti la tradizione di famiglia.

Sarò una madre sola,
come mia madre e mia nonna.

Janis, ti prego...

prendi almeno in considerazione
di non averlo ora.

- Possiamo programmarlo per il futuro.
- Il futuro è adesso.

Arturo, la nostra relazione
è sempre stata molto chiara sin dall'inizio,

senza impegni,
né da parte tua né da parte mia.

Io non rimpiango nulla,
sono stata molto felice con te! Molto!

Anch'io, per questo non voglio perdere tutto.

- Non credo che siamo così forti
da superare questo problema. - E cosa proponi?

Che ci lasciamo,

senza rancori.

Al bambino ci penserò io, ma per far fronte
alla cosa, preferisco che non ci vediamo.

Non dire così, Janis.

Se ci vediamo,
continueremo a scopare,

e tra qualche mese ci troveremo
a riavere la stessa conversazione.

E' meglio darci un taglio ora.

- Ciao.
- Ciao.

Da quanto tempo!

E' da un po' che ho perso
la cognizione del tempo.

- Tieni, questo è per voi.
- Grazie.

- Che carino. - Aspettavo che mi chiamassi,
ma non l'hai fatto, quindi eccomi qui.

- Posso vederla?
- Sì, sta dormendo.

- Non la sveglierò.
- Vieni. - Grazie.

Guarda.

- Posso toccarla?
- Certo.

- Sarà bruna come te.
- Sì, molto bruna.

A chi credi che somigli?

Penso abbia preso i lineamenti di mio padre.

- Pensavo che non lo avessi mai conosciuto.
- Non l'ho conosciuto, avevo pochi mesi.

Mia nonna diceva che era un bel venezuelano
dagli occhi a mandorla, molto bello.

- Ha i suoi occhi.
- Già...

Anche lei sarà molto bella.

Allora...

Bene.
E tu come stai?

Bene.
Con tanto lavoro, come sempre.

- E tu, sei ben organizzata?
Hai bisogno di qualcosa? - No.

Ho una irlandese alla pari
che mi aiuta con la bambina,

e ho risparmiato per stare a casa qualche
mese perché al momento non riesco a lasciarla.

Certo.

- Vuoi bere qualcosa?
- No. No, devo svegliarmi molto presto.

Volevo solo passare a salutarvi.

Vado via.

- Allora...
- E' una meraviglia.

- Hai fatto un buon lavoro.
- Grazie.

Di mattina lavoro. Di pomeriggio
sono in hotel, lo stesso di sempre.

- Chiamami, se ti va.
- Va ben. Ci vediamo.

Ciao.

- Ciao.
- Ciao, Arturo. - Entra, entra.

- Solo un secondo, mando una e-mail.
- D'accordo.

Siediti pure.

Fatto.

- Vuoi bere qualcosa?
- No.

Bene, ti ascolto.

Da quando è nata la bambina,

desideravo tanto che venissi a trovarci,
anche se ci eravamo lasciati.

- Scusa, me è stata una decisione tua.
- Sì, sono stata io a deciderlo.

- Ma pensavo che saresti stato
curioso di vedere tua figlia. - Lo ero.

In questi mesi ho lottato contro me stesso
per non chiamarti, finché non ce l'ho fatta più.

Sono venuto a casa tua con una
voglia matta di vederla e di vederti.

E allora cos'è successo ieri?
E non dirmi che non è successo niente.

Credo che la bambina non sia mia.

Cosa?!

Non l'ho riconosciuta.

- Come non l'hai riconosciuta...
- E' ciò che ho provato.

- Arturo, quello che dici non è molto scientifico.
- Non penso che sia mia figlia, Janis.

- Stai dicendo che è di un altro?
- Non lo so, dimmelo tu.

Quando stavamo insieme, non sono
stata con nessun altro, se non con te.

- Pensi davvero che la bambina somigli
a tuo padre? - Sai che non l'ho mai conosciuto.

- So solo quello che diceva mia nonna, e
neanche lei lo conobbe. - Hai almeno una foto?

No, non niente!

Arturo, se avessi voluto mentirti sulla tua
paternità, perché ti avrei chiesto di lasciarci?

Se avessi voluto mentire,
sarei rimasta con te.

Ricorda che quando ci siamo lasciati io non
ti ho chiesto nulla! Perché dovrei mentirti ora?

Non lo so neanch'io.

Per fugare ogni dubbio...
fammi fare un test di paternità.

- No.
- Janis, ti prego.

E' meglio che me ne vada.

Non chiamarmi più. Se ci sono novità sulla
fossa comune, fammi chiamare da qualcun altro.

- Mi dispiace avere questa questione in comune.
- Siamo adulti, non c'è motivo di mischiare le cose.

Metti da parte l'orgoglio. In caso
di dubbio, non rimane che fare il test.

- Io non ho dubbi.
- Ma io sì! - Benissimo.

Janis!

Il credito sta per terminare.

E questo piedino?
Me lo mangio questo piedino!

- Pronto?
- Janis, sono Ana.

- Ana chi?
- Abbiamo partorito insieme.

Ah, Ana!

Scusami, cara. Ho appena litigato
con il padre di mia figlia e sono furiosa.

- Pensavo te ne fregassi di lui.
- Sì, sì, me ne frego, eccome!

Non succederà più.

- Tu come stai? E la tua Anita?
- E' qui vicino, la sto cambiando.

E' davvero stupenda.

- Che c'è? Che cosa vuoi dire?
- La sento.

Sono un po' stanca, sinceramente.

Ho bisogno di dormire, ma sto bene.

- Tua madre non ti aiuta?
- Eh, mia madre...

Mia madre va e viene.

Adesso è fuori città, è in trasferta
a interpretare Donna Rosita nubile.

Che c'è?

- Capisco, ma una tata ce l'hai?
- Sì, sì, e anche Clarissa mi dà una mano.

Sai, Janis, avevi ragione.

Anita è un dono,
è l'unica cosa importante della mia vita.

E' naturale.

- E la tua come sta?
- Per me è meravigliosa.

Verrò a trovarti,
così la vedrai e si conosceranno.

Mi farebbe molto piacere.

- Senti, ora devo lasciarti.
- Chiamami quando vuoi.

- Mi ha fatto piacere sentirti, anche
se sei incavolata con quello. - Va bene.

Un bacetto.
Un bacio, ciao.

Su, amore, a dormire.

Janis, io vado in ospedale.

La lavatrice è in funzione. Quando viene
quell'altra, falla stendere, così domani la stiro.

Va bene, va bene.
Come sta?

Be'... non promette bene.

Sì, amore, sì...

Devi dormire...

INVIARE

- Come va la pagina web?
- Direi molto bene.

- Quante visualizzazioni oggi?
- Oltre tremila.

Perfetto.

Scusa un attimo.

- Ciao, Janis.
- Sei presa? Hai un attimo?

No, ma dimmi pure.

Voglio ricominciare a lavorare.

Non sopporto più l'irlandese.
Voglio assumere una vera tata.

Se ti serve qualche soldino, posso aiutarti io.

Grazie, Elena, ma ho bisogno di lavorare.

Nel supplemento hai qualcosa
di immediato per me?

Di immediato no.

Il grosso l'ho già assegnato.
Che mi resta...?

Qualche natura morta di accessori.

Qualche scarpa, gioielli,
cinture, non molto altro.

Mi fa piacere fotografare scarpe e cinture.

Ma dai, sei troppo in gamba per certe cose.

Però ho bisogno di lavorare.

Purché non debba muovermi da Madrid,
conta su di me per nature morte di qualsiasi cosa.

- Non disdegno niente.
- D'accordo.

Dopo passo da te e ne parliamo,
così vedo anche la piccola.

Stavo anche pensando che potreste
venire a stare un po' da me nello chalet.

Sai che lo spazio non manca, c'è il giardino...

- Ci faremmo compagnia.
- Grazie, sei gentile, ma è troppo complicato.

E poi è troppo lontano.
Qui in città è più comodo.

Va bene.
Ci vediamo, allora.

- Il mio amore...
- Vi serve qualcosa?

No, grazie.

Non la sopporto, te lo giuro.

Guarda come si diverte.

Usciamo dall'acqua.
Usciamo, così non prendi freddo.

Ah, che cosina...

Ah, che cosina...

Ogni giorno mi sembra più "etnica".

Somiglia a tuo padre. Uguale a lui!

- Non so che faccia avesse mio padre.
- Era colombiano, vero? - Venezuelano.

Uno spacciatore,
così diceva mia nonna, poi chissà...

- Pensavo che ne fossi sicura.
- Invece no.

Non potrebbe somigliare a nessun altro,
a parte l'antropologo?

- Perché mi sembra che
non somigli neanche a lui. - No!

- Io sono stata solo con Arturo.
- Allora somiglia a tuo padre, chiusa la questione.

Cecilia, è vero che somigli
al nonno venezuelano?

Allora io vado.
Ci vediamo domani in ufficio per le foto.

- E non ti preoccupare, qualcosa uscirà.
- Grazie. Va bene.

- Pensa all'idea dello chalet.
- Ti ho detto di no.

Ma che cocciuta che sei.

A domani.

Tu, amore...

Faccina da angioletto.

Mettiti in posa per la mamma.

Ecco, ecco...
Ora si arrabbia.

Uh, che cattivona!

E' arrivato un pacchetto.

- Grazie.
- Guardala, è più bella di un maialino.

- E dai! - A me lo dicevano sempre,
e guarda che figurino che sono!

Labgenetics.

PROTOCOLLO PER CAMPIONE BIOLOGICO

Mettere i guanti.
Non fumare.

Assicurarsi che in bocca
non ci siano residui organici.

Allora aspetteremo domani.

Tesorino...

Che c'è?

Che c'è?

Vediamo un po', piccola.

Da questa parte.

Da questa parte, amore mio.

Ecco fatto, amore mio.

Così saremo più tranquille entrambe.

LE VERE EROINE ERANO LE VEDOVE
DELLE RAPPRESAGLIE DEL REGIME FRANCHISTA

ALLA CORTESE ATTENZIONE DI MARÍA JANIS...
APRIRE

RISULTATO DEL TEST
DI MATERNITÀ BIOLOGICA

NON E' LA MADRE BIOLOGICA

CON UNA PROBABILITÀ DEL 100%

Studio legale Méndez.

Salve. Posso parlare con
l'avvocato Mauricio Méndez, per cortesia?

Al momento è in tribunale,
vuole lasciare un messaggio?

No, richiamo più tardi, grazie.

- Pronto? - Pronto.
Posso parlare con Ana? Sono Janis.

Ana non può venire, signorina Janis, sta facendo
il bagno alla bambina. La faccio chiamare più tardi.

Non importa,
volevo solo sapere come sta la bambina.

La bambina ci fa un po' penare
di notte, ma è una meraviglia,

e Ana è una bravissima madre.

Certo.

Be', grazie mille.
Arrivederci.

NON E' LA MADRE BIOLOGICA

- Pronto?
Ciao, Janis. Mi hai chiamato?

Io no... Sarà partita
una chiamata mettendolo in borsa.

Ah, va be', sì, capita.
Tutto bene?

Un mucchio di guai.

Voglio mandare via
la ragazza alla pari e...

Problemi domestici, niente di grave.

Ti sento agitata.

Mi hai beccata in piena baraonda.
Non posso parlare adesso, mi dispiace.

Ciao, Arturo.
Grazie della chiamata.

Ciao.

Oggi dormo io con la bambina.

- Ti aiuto?
- No, grazie, faccio io.

Vieni qui dalla mamma.

Vieni qui, amore mio...

- Mi piace il colore. - Bene, è stato
un piacere, come sempre. - Molte grazie.

- Salve. - Salve.
- Vorrei cambiare il mio numero.

- Che telefono ha?
- Questo.

- Però ci terrei a conservare quello
che c'è dentro. - Nessun problema.

- Sicuro?
- Sì.

Di nuovo con le cuffie?

Ti ho detto mille volte di stenderla
sul fianco! Il rigurgito potrebbe soffocarla!

Vieni, amore.

Vieni...

Non mi capisci quando parlo?

Non mi capisci quando ti parlo?

Sei qui da una vita e non impari
niente. Non voglio che resti.

- Ma io mi sono già iscritta.
- Non mi importa, trovati un'altra casa.

Io non lascerò mia figlia con te
una notte di più!

Ora basta.

Fai la brava.

Fai la brava...

Ciao, come va? Entra.

- Eccomi, insieme a Cecilia.
- Ciao, Cecilia.

Lascia qui il marsupio.

Vediamo un po', piccolina.
Amore mio...

E' un po' arrabbiata
perché si è appena svegliata.

Va tutto bene, vieni...
Ma come sei bella!

Io sono un po' agitata,
è la prima volta che la lascio.

Non hai di che preoccuparti,
la terrò d'occhio tutto il giorno.

Questa sarà la sua seconda casa.

Qui... così.

Ah, sì...

- La lasci così, sul pavimento?
- Sì.

Non vanno mai forzati,
deciderà lei come sta più comoda.

Ti ho portato ciò che mi hai chiesto.
Le salviette, un body per il cambio, i biberon...

- Bene.
- La crema... e basta.

Perfetto.

- Per qualsiasi cosa, hai il mio
numero di telefono. - Molto bene.

Amore!

Il mio amore.

Vengo a prenderti dopo, topolino.
Ti voglio bene.

Ti voglio bene.

- Grazie.
- Figurati.

Ci vediamo dopo.

Scusami.

E' che ho una bambina piccola.

Bene.

- Salve. Cosa le porto?
- Salve.

Un caffellatte e un muffin ai mirtilli.

Ana?! Sei Ana?

- Sì, Janis, sono io.
- Che ci fai qui?

Be', lavoro qui.

- Sei così cambiata, non ti avevo
riconosciuta! Stai benissimo! - Grazie.

Ti porto il caffè, va bene?

- Ti va se mi siedo un minuto?
- Certo.

Da quando sei qui? Non ti avevo visto.

Quasi una settimana.

Siamo vicine.
Che coincidenza!

In realtà ero entrata al bar
perché volevo venire a trovarti a casa.

Ma mi sono vergognata a chiamarti
e mi sono seduta qui a bere qualcosa.

Così il caposala mi ha offerto un lavoro.
Be', gliel'ho chiesto io, in realtà.

Mi sono sistemata
in una stanza a casa sua.

- E tua madre?
- Ora è a Barcellona, con il teatro.

Non si ferma mai.
Finalmente sta avendo successo.

- Ti ha lasciata sola?
- Sì, comunque ogni tanto la chiamo.

Ma non le ho ancora detto che me ne sono
andata via, e ho vietato a Clarissa di dirglielo.

- Al suo ritorno troverà una bella sorpresa.
- Sei scappata, insomma.

Ormai sono maggiorenne, Janis,
e per lei sono solo un peso.

- E tuo padre?
- Non si è accorto di niente.

- Che bel quadretto familiare!
- Ci sono abituata.

Non ho un soldo, ma per la prima volta
mi sento padrona della mia vita.

- Me la caverò.
- Sicuramente.

Non posso fermarmi, Ana,
quel taxi è per me.

- Aspetta.
- Tranquilla, faccio io.

- Sì?
- Sì. - Grazie mille.

Ehm... a che ora stacchi?

Oggi finisco alle 21:00.

Ci vediamo a casa mia?
L'indirizzo ce l'hai.

Va bene.

- Mi ha fatto piacere vederti.
- Anche a me.

- Ciao.
- Grazie del caffè e del... - Di nulla.

Buongiorno.

Dove andiamo?

- Quintiliano 17, per favore.
- Subito.

- Ciao.
- Ciao!

Grazie dell'invito.

- Che bella casa!
- Grazie.

Stamattina, per la fretta,
non ti ho chiesto di tua figlia.

Come fai con lei ora che lavori?

La lasci all'asilo?
Sono tante ore, no?

Che c'è, Ana? Stai bene?

Anita è morta.

Non dirmi così.

Ma la bambina non sembra malata.
Che vi è successo?

Morte in culla.

Ma di cosa?

Morte in culla, si chiama così.

E' morta nel sonno.

Che sintomi aveva?

Nessuno.

La bimba era perfetta.

Il suo cervello si è scordato di respirare.

Immaturità cerebrale, ha detto il dottore.

Immaturità?

Il primo anno di vita il cervello
non è ancora del tutto sviluppato,

e può dimenticarsi di dare l'ordine di respirare.

Non si può fare niente per evitarlo?

No, è un caso molto raro.

Accade una volta su un milione.

La bambina stava bene, l'hai visto.

Scusami.

E' bellissima.

Vuoi vederla?

Ti prego.

Hai dormito bene, amore?
Guarda, è venuta a trovarci Ana.

- Posso prenderla?
- Certo.

Vuoi venire con me?

Sei bellissima.

Come sei grande!

Ma quanto sei bella!

- Torno subito.
- Che cosa bella!

- Chi è? - Salve, sono il caposala
del bar, vengo a prendere Ana.

Ah, va bene, la chiamo subito.

Ana!

Il caposala, vuole che scendi.

- Ah, sì, è vero, devo andare.
- Scende subito. Sì.

- E' una bambina meravigliosa, Janis.
- Grazie.

Potresti mandarmi
una foto della tua Anita?

Certo, ma hai cambiato numero.
Ti ho chiamato mille volte e...

Sì, te lo scrivo.

Prendo lo zaino.

- Eccolo.
- Te la mando subito.

Mi dispiace molto, Ana, davvero.

Grazie.

Bene...

- Ciao, bella.
- Ciao.

Ciao, Ana.

Vieni, amore.

Ci vediamo da me alle 21:00, allora.

D'accordo, Ana, a stasera.

Ciao.

- Tutto bene?
- Sì.

- Mi sembri preoccupata.
- Siamo molto indietro.

- Vado a vedere se Dana è pronta. - Stasera
ho un impegno, ma mi libero e ceniamo insieme.

No, stasera non posso.

Vado a metterle fretta.

- Wow! - Come sto?
- Sarà facilissimo farti delle belle foto!

- Sono un po' nervosa.
- No, è facile, vedrai.

E' la mia prima copertina
per una rivista femminile.

Era ora, ragazza!

- Ti va se iniziamo sdraiata terra?
- Va bene.

- Se qualcosa ti mette a disagio,
me lo dici. - Va bene.

- Così?
- Sì, cominciamo così.

Mi piace come ti sta la maglia.

Tu muoviti liberamente, come vuoi.

Sentiti libera.

Benissimo.

Ferma così, resisti.

Perfetto.
Molto bene.

Molto bene.

Sono Ana!

- Ciao.
- Ciao. - Come stai?

- Sto facendo una tortilla di patate.
Mi aiuti? - Certo.

- La bambina?
- L'ho appena fatta addormentata.

- Dopo te la faccio vedere.
- D'accordo. - Hai mai pelato le patate?

No, ho pelato arance, mele...

Be', non è la stessa cosa.
Prendi questo e guarda come faccio.

Vedi?

Così.

- E' facile.
- Facilissimo.

E ora si lavano.
Dai, lavale tu.

Scuotile bene.
Togli la terra.

La cosa più importante è come si tagliano.

Prendi quel coltello rosa.

Ciò che conta è lo spessore delle fette.

- Lo spessore?
- Guarda.

- Sottili.
- Così. Sta 'attenta a non tagliarti.

Quanto ti pagano al bar?

500 euro, più le mance.

Stavo pensando, che prima o poi Dolores
se ne andrà perché suo marito è molto malato.

- Se voglio continuare a lavorare,
dovrò cercarmi qualcun altro. - Certo.

Potrei darti 800 euro, senza mance,

ma con vitto e alloggio.

Mi stai proponendo di lavorare qui?

- Sì.
- E che cosa dovrei fare?

Prenderti cura della casa e di Cecilia.
Accompagnarla e riprenderla dal nido famiglia.

Occuparti di lei di notte,
perché io sono davvero esausta.

- Ovviamente io ti darei una mano quando
sono libera. - Certo che sì, Janis, affare fatto!

Ma certo.

Pensaci bene,
non è proprio un affarone.

- Anzi, conviene più a me che a te.
- Non ho bisogno di pensarci, davvero.

L'idea mi entusiasma.

Guarda che bella!

Non so se sarò capace
di fare ciò che mi chiederai.

Io ti insegnerò
a gestire una casa e a cucinare,

ma per ora ciò che conta
è che ti occupi della bambina.

Va bene.

Tu prova, se non ti piace,
torni al bar e amiche come prima.

Ma devi prenderti l'impegno
per almeno una settimana.

E' un piacere, davvero.

Guarda che bellina.

Le stai simpatica.

E' così carina e brava.

- Bene!
- Molto brava.

Bravissima, tesoro.

Hai notizie di tua madre?

Le ho detto che sono andata via.
E' rimasta di sasso.

Lo immagino.

Ha dato di matto.

Era arrabbiatissima con me.

- Non mi sorprende, è tua madre. - Sì, è se n'è
andata in tournée mentre ero in piena depressione.

Sono stata malissimo, Janis,
ma ora voglio vivere.

E' l'unica cosa
che mi ha insegnato mia madre.

Vivere la vita ed essere libera...

come ha sempre fatto lei.

Anche a mio padre ho detto
che sarei rimasta a Madrid a lavorare.

E lui cos'ha detto?

Si è infuriato moltissimo,
ma non mi importa di lui.

Magari cambio numero,
così non sono più obbligata ad ascoltarlo.

- Mi stacchi la telecamera?
- Sì.

Aspetta, ti aiuto.

- Sistema le tue cose nell'armadio.
- Va bene.

Anch'io ho un lettino

e un passeggino.

Ho un po' di tutto, se serve qualcosa,
posso prenderla da casa di mia madre.

Ho le chiavi.

Grazie.

- Ce l'hai l'amaca?
- No.

L'amaca piace ai bambini.
Anita la usava molto.

Probabilmente avrà ancora il suo odore.

E' vero, non ci avevo pensato.

Janis...

- Stai bene?
- Sì.

- Mi mancava.
- Vuoi portarla con te?

No.

Devo abituarmi, e dormire.

- Ho molto sonno arretrato.
- Sicura di star bene?

Sei sudata.

Dai, stai un po' qui con noi.

Vieni.

- Hai fatto colazione?
- No.

- Ti sei lavata i denti?
Hai mangiato una gomma? - No, perché?

Ti prendo un campione di saliva, va bene?
Apri la bocca.

Di più.

E' per alcune analisi.

- Si fanno così adesso?
- Sì, ti faccio fare un pacchetto completo.

Anche alla bambina.

Anche a te, tesoro.

Anche a te!

Bene, sei bravissima.

Oggi andrai con Dolores.

Così ti farà vedere i negozi dove va
di solito, e cosa compriamo di solito.

Va bene, prenderò appunti.

Stai qui, torno subito.

Torno subito.

- Janis, noi andiamo.
- Va bene.

Lascio la bambina al nido famiglia
e poi andiamo a fare spese, va bene?

D'accordo.
Un bacino, amore mio.

- Saluta!
- Brava.

- Divertiti.
- Ciao, mamma.

- Ciao!
- A dopo.

RISULTATO DEL TEST
DI MATERNITÀ BIOLOGICA

- Teresa?!
- Ciao, Janis.

- Ti disturbo?
- Be', stavo lavorando.

- Scusami, Ana c'è?
- No.

- Al bar di sotto hanno detto che era qui.
- Sì, torna tra poco. Ma vieni dentro, Teresa.

Oggi avevo un giorno libero, ho preso il treno ad
alta velocità, ma domani sono in scena a Barcellona.

Vuoi bere qualcosa nell'attesa? Un caffè?

Un cognac?

Credo che Dolores abbia qualcosa.

- A volte beve perché il marito
è molto malato. - Accidenti. - Eh, già.

Fumi?

Va bene.
Ma andiamo sul terrazzo.

Sì, certo.

Vado a prendere un giacchino, fa freddo.

Non so che cosa Ana
ti abbia raccontato di me.

Poco.

Mi sposai per scappare dai miei genitori,
e un anno dopo nacque Ana.

Ma la mia vocazione
non era né fare la madre né la moglie.

Io volevo fare teatro!
L'avevo già fatto all'università.

Allora divorziai dal padre di Ana
tramite la Sacra Rota.

Non hai idea della situazione...
Un'umiliazione terribile.

In pratica dovevi ammettere di essere
una puttana per ottenere l'annullamento.

Io accettai ogni umiliazione pur di essere
libera e potermi dedicare alla recitazione.

Per fortuna non avevo problemi di soldi.

Il padre ottenne la patria potestà di Ana,

e subito dopo si risposò
e formò un'altra famiglia a Granada.

E vive ancora lì.

Ma tu potevi vedere Ana, no?

Il padre si vendicava di me
usando la bambina.

Me la faceva vedere pochissimo,
qualsiasi cosa pur di farmi soffrire.

Io facevo piccole parti a teatro e in televisione,
e soffrivo per non vederla abbastanza.

Non era valsa la pena aver rinunciato a lei.

Ho iniziato tardi a recitare.
Trent'anni sono già tanti per cominciare.

E sembrare una snob
non aiuta in questo mestiere.

Non è un mestiere da snob,
gli attori sono tutti di sinistra.

- E tu da che parte stai?
- Io sono apolitica.

Il mio lavoro è piacere a tutti.

- Come hai fatto per riavere Ana? - Me l'ha
rimandata suo padre quando è rimasta incinta.

Avresti potuto approfittarne
per riconquistare tua figlia.

Sì...

ma sono una frana.

Ed era un po' troppo tardi.

Ana è tornata traumatizzata.

Eravamo due estranee.

Ho fatto quel che potevo,

ma pochi mesi dopo
è arrivata l'opera di Lorca.

E subito dopo il personaggio opposto,

la madre tossicodipendente
de "Il lungo viaggio verso casa".

Non potevo rifiutare, Janis.

Ho 47 anni ed era la mia occasione
di dimostrare che non sono un'intrusa,

che sono un'attrice e ho talento.

Sono stata la peggior madre del mondo, lo so.

Non sono come te,
non ho l'istinto materno.

Suona orribile.

E mi dispiace per Ana.

E' stata molto sfortunata con entrambi,
tanto con il padre quanto con me.

Nessuno merita ciò che ha passato lei.

Quando è morta la bambina,

io ero in scena a Madrid.

Ma dopo un mese sono dovuta partire,
con il cuore infranto dal dolore.

Sono sincera, sono andata via perché
sembrava che ad Ana non importasse.

Credi che la bambina sia morta
per la situazione in cui eravate?

No!

Ana non te l'ha raccontato?
Morte in culla, ha detto il dottore.

Un'ora prima la bambina stava bene.

La nostra non è proprio
una famiglia modello,

ma alla bambina non è mai mancato nulla.

Ana non si allontanava mai da lei,
né di giorno né di notte.

Ana mi ha stupito molto.

Da quando ha partorito è diventata
improvvisamente una donna adulta,

responsabile.

Alla piccola non è mai mancato niente.

Forse per questo
mi sono presa certe libertà...

'Giorno!
Siamo tornate!

- Mamma, che ci fai qui?
- Sono venuta a trovarti.

Volete andare in camera
per stare più tranquille?

No, no, andiamo fuori.

Sì.

Grazie, Janis.
Grazie di tutto.

Di niente.

Non hai freddo così?

No, mi piace questa giacca.

Se volevi cambiare acconciatura,
non c'era bisogno di scappare da casa.

- Abiti qui?
- Sì, a casa di Janis.

- E che fai?
- Mi occupo della casa e della bambina.

Fai la domestica?
Non posso crederci!

Per questo ti abbiamo fatto studiare?

- Mamma, io devo lavorare. - Tuo padre
può trovarti un lavoro come si deve a Granada.

Non nominare né mio padre né Granada.

- Ehi, Ana, come stai?
- Ciao.

- Cosa prendete?
- Per me un tè, per favore.

- Un gelato alla fragola.
- Bene.

Grazie.

Dopo la morte di Anita
ti ho sentita litigare al telefono con papà.

Nessuno dei due voleva farsi carico di me.

Io stavo troppo male
per prendere una decisione,

ma appena ho ritrovato le forze
sono andata via e non intendo tornare.

Men che mai a casa sua!

Adesso sono maggiorenne, mamma,
quindi voi fate la vostra vita e io farò la mia.

Ora mettiamo il pesce sulle patate.

Se vediamo che si asciuga troppo,
aggiungiamo un po' di vino.

Va bene.

E' mia madre.

Si scusa.

Rispondile.

Non so, non voglio più essere cattiva con lei.

Be', allora scriviglielo.

"Mamma, non voglio
più essere cattiva con te."

Vedrai... le piacerà.

Quella hippy chi è?

Mia madre.

- E la bimba sei tu?
- Sì.

Lì avevo poche settimane,
eravamo a Ibiza.

Sai che mi ha chiamato così
per Janis Joplin?

E chi è Janis Joplin?

- Quella che sta cantando.
- Wow!

E come Janis Joplin anche mia
madre è morta a 27 anni di overdose.

Era estate e la vita non era facile.

Io avevo cinque anni,
ma vivevo già al paese con mia nonna.

- Quella è tua nonna?
- No, è la mia bisnonna.

Questa è mia nonna Cecilia.
E' stata lei a crescermi ed educarmi.

Un giorno devi venire al paese
per vedere la nostra casa.

Quando vuoi.

A tua nonna Cecilia.

A tua madre.

A tua figlia.

E a te.

E a te.

E' qui.

TUA MADRE ANA E TUA NONNA TERESA
TI PORTERANNO SEMPRE NEL CUORE

Hai detto al padre che sua figlia è morta?

Non so chi sia.

Non sei curiosa di saperlo?

Erano in tre... compagni di scuola.

Eravamo strafatti di alcol e pastiglie
a casa di uno di loro, quello che mi piaceva.

I suoi genitori erano fuori
per il fine settimana.

Io ero davvero fattissima.

Andai a letto con quello che mi piaceva
e gli altri ci filmarono con il cellulare,

e mi minacciarono di mettere il video
in rete se non fossi andata anche con loro.

Così ci andai.

Ma questo è stupro!

Due giorni dopo mi dissero la stessa cosa.

Che se non me li fossi scopati,
avrebbero pubblicato il video.

- Allora andai da mio padre e gli
raccontai tutto. - E lui li denunciò?

No, voleva evitare lo scandalo,
anche per proteggere me.

Te?

Sì, per non farmi subire
la pressione della stampa e il resto.

Un mese dopo scoprii che ero incinta
e lui mi mandò da mia madre.

Dovevate denunciarli. Quei ragazzi
potrebbero rifarlo se nessuno li ferma.

Io non ne avevo le forze.

Ero terrorizzata dal processo,
dalla polizia e dalla stampa.

Non volevo rivivere mille volte
quello che era successo.

Guarda.

Sono loro?

Sì.

A nanna, a nanna.

Dalle un bacino.

Su, angioletto, a nanna.

- Elena?
- Non penso, avrebbe chiamato.

- Vado a vedere. - Va bene,
ci penso io. - A dormire, a dormire!

Su, ora basta giocare.

- Chi è?
- Sono Arturo, Janis.

- Ciao. - Ho provato a chiamarti molte
volte, ma il tuo numero non funziona.

Sì, l'ho cambiato.

Ho un'ottima notizia da darti,
ma mi piacerebbe guardarti in faccia.

Aspettami alla taverna.
Arrivo subito.

D'accordo.

Chi era?

Un vecchio amico, vuole vedermi.

Siccome ho cambiato numero e non riusciva
a rintracciarmi, è venuto direttamente qui.

Perché non l'hai fatto salire?

Voglio prendere un po' d'aria.

E la cena?

- Torni per cena?
- Non credo.

Che cosa vuole bere, signorina?

Un vino bianco fresco.
Grazie.

- Per festeggiare ciò che mi dirai,
hai detto che è una buona notizia. - Sì.

La fondazione ha deciso
di riaprire la vostra fossa a luglio.

Riaprirete la fossa comune?
Fra tre mesi?

Ti sarà comunicato ufficialmente, se mi
dai un numero di telefono dove chiamarti.

Te lo do subito.

- Hai una penna?
- Sì, sì.

A luglio?!

Io dirigerò gli scavi
e la fondazione ci fornirà gli strumenti.

- Non so come ringraziarti, Arturo.
- Non c'è motivo di ringraziarmi, Janis.

Per questo motivo
mi sono permesso di venire a casa tua.

Questo è il mio nuovo numero.

- Non volevi che ti rintracciassi?
- Non tu, santo cielo!

E' una storia lunga.
Un giorno te la racconterò.

Ti vedo bene, come va?

Sì, lavoro molto, ma va tutto bene.

- E la bimba?
- E' meravigliosa.

- E tu, la tua famiglia?
- Bene.

- Mia moglie è del tutto guarita,
secondo i medici. - Sono molto contenta.

E ci stiamo separando.

- Le ho raccontato di noi.
- Adesso? Perché mai?

Non mi piaceva l'idea di tenerglielo nascosto.
Non mi sentivo a mio agio a doverle mentire.

Non svegliarti.

Odori di alcol.

Ho bevuto un po' di vino.

Rimettiti a dormire, dai.

Non sono sveglia.

Sto sognando.

Che buono.

Che buono questo vino.

Rimettiti a dormire, è tardi.

Sono stanca.

Sei stata tutto il tempo con il tuo amico?

Sì.

Te lo sei scopato?

No, perché dici così?

Il tempo non vi è mancato.

Abbiamo chiacchierato e bevuto.

Avevo dimenticato come si facesse.

Il tuo amico di ieri?

Si chiama Arturo
ed è il padre di mia figlia.

- Mi avevi detto che non vi sareste
più rivisti. - Avevamo molto da dirci.

Sei gelosa?

Non lo so.
Che avevate tanto da dirvi?

Un'altra volta te lo racconto, va bene?

Ho un'altra copertina con Elena
e sono già in ritardo.

- Ed Elena?
- Cosa?

Secondo me le piaci.

Ci conosciamo fin da bambine,
ma è vero, penso di esserle sempre piaciuta.

Ad ogni modo mi rispetta,
se è questo che ti preoccupa.

Devo andare.

Senti, quando vuoi uscire, dimmelo.
Non voglio che tu stia rinchiusa qui dentro.

- Va bene?
- Ma io voglio uscire con te.

Che mi porti in posti nuovi
e che ci ubriachiamo insieme.

Allora ci ubriacheremo a casa,
se no chi rimane con la bambina?

Dai, ora devo andare.

Janis, mi farai tornare al Botellón!

Non vuoi raccontarmi
del tuo amico dell'altra sera?

- Arturo?
- Sì.

Arturo è un antropologo forense
e fa parte di una fondazione scientifica.

Apriranno la fossa comune del mio paese,
dov'è sepolto il mio bisnonno.

Parlavamo di questo l'altra sera,
e abbiamo festeggiato.

Tu sei ossessionata da quella fossa,
e lui se ne approfitta.

Come?!

Bisogna guardare al futuro, se no si
finisce solo per riaprire vecchie ferite.

- Chi te l'ha detto, tuo padre?
- Sì.

E tu la pensi allo stesso modo?

Non lo so, non ci ho mai pensato.

E' ora che apri gli occhi
riguardo al Paese in cui vivi!

Non mi piace che mi parli così.

Sembra che nella tua famiglia nessuno
ti abbia spiegato la verità sul nostro Paese.

Ci sono più di centomila scomparsi, sono
sepolti in giro nei fossati e a lato dei cimiteri.

Ai loro nipoti e pronipoti
piacerebbe poter esumare i loro resti

per dar loro una degna sepoltura, come
hanno promesso alle loro madri e alle loro nonne.

E finché non lo faremo,
la guerra non sarà finita.

Tu sei giovane, ma è ora che sappia da che parte
stava tuo padre e la sua famiglia durante la guerra.

Ti farà bene saperlo, per poter
decidere da che parte devi stare tu.

Io voglio solo stare dove stai tu.

- Questo non c'entra, adesso.
- Non ti importa se voglio stare con te?

Lascia stare.

Non vien a mangiare?

Non ho fame.

Ti sei già stufata di me, vero?

No.

Allora che ti prende?

Sei stata a letto con Arturo
e ti vergogni di dirmelo?

No.

Ho problemi con me stessa.

In tutti questi mesi...

ti ho nascosto una cosa.

Che non mi ami e vuoi che vada via?

- Che hai deciso di tornare con il padre di tua
figlia e formare una famiglia con lui? - No...

Allora cosa?

Vieni.

Guarda attentamente ciò che sto
per mostrarti, è molto importante.

RISULTATO DEL TEST
DI MATERNITÀ BIOLOGICA

IL TEST ESCLUDE CHE JANIS MARTÍNEZ MORENO SIA
LA MADRE BIOLOGICA CON UNA PROBABILITÀ DEL 100%

Capisci cosa dice?

Che si esclude che María Janis Martínez Moreno

sia la madre biologica
di Cecilia Martínez Moreno?

Dice che non sono la madre di Cecilia.

Non capisco.

Guarda quest'altro documento.

RISULTATO DEL TEST
DI MATERNITÀ BIOLOGICA

IL TEST INDICA CHE ANA MANSO FERRERAS E'
LA MADRE BIOLOGICA DI CECILIA MARTÍNEZ MORENO

"Biologica..."

"Ana Manso Ferreras è la madre
biologica di Cecilia Martínez Moreno".

Ma Ana Manso sono io.

Cecilia è tua figlia.

Cosa?!

Immagino che...

le abbiano scambiate alla nascita.

"Ana Manso Ferreras

è la madre biologica

di Cecilia Martínez".

Non capisco...

Io non ho mai fatto
un test di maternità.

Te l'ho fatto fare io, senza dirti nulla.

Ti ricordi, appena arrivata,
quando ho indossato i guanti in lattice?

E perché non mi hai detto niente?

La bambina...

Vado di là.

Ciao, principessa.

Mia figlia.

Tu sei mia figlia, eh?

Janis, io sto impazzendo.

E' vero quello che dicono le analisi?

- Come potrei mentirti su una
cosa simile? - Allora tua figlia dov'è?

Che ne hai fatto?

Le hanno scambiate, te l'ho detto.

Vuoi dire che la mia Anita era tua figlia?

Ne sono sicura.

Le avranno scambiate
mentre erano in osservazione.

Da quando lo sai?

Al tuo arrivo sapevo già che non ero la madre
di Cecilia e che Arturo non era il padre.

Entrambi avevamo dei dubbi,
così ho fatto il test.

- Lo sapevi quando ti ho
detto che Anita era morta? - Sì.

Sì...

Io volevo parlarti dei miei dubbi,
te lo giuro,

e ti ho anche chiamata appena l'ho saputo,

ma poi ci ho ripensato.

Quando ti ho invitata a cena la prima volta,
dopo averti incontrata al bar, volevo dirtelo.

Ma quando mi hai detto
che tua figlia...

cioè mia figlia,

era morta...

non ne sono stata capace.

Ero terrorizzata all'idea di perdere
le due bambine in un colpo solo.

- E non hai mai pensato a me?
- Sempre!

Non ti sei mai messa nei miei panni.

Mentre vivevamo insieme,
andavamo a letto insieme...

Sei stata zitta per tutti questi mesi
fregandotene totalmente di me.

Per questo hai cambiato numero?

Per non farti trovare da me?

Immagino di sì.

Sì, mamma, dopo ti spiego.

Porto anche la bambina.

La madre no, solo io e lei.

No, prendo un taxi, è meglio.

Va bene.
Ci vediamo tra poco.

Che vuoi fare?

Vado a casa di mia madre con la bambina.

Era molto contenta.

Gliel'hai detto?

Non ancora.

Rimani, ti prego.

Per favore, dammi il tempo
di abituarmi all'idea. Ti prego!

E' meglio che me ne vada,

ho bisogno di digerire la cosa.

Ma non possiamo analizzare
la situazione qui, insieme, come due adulte?

La cosa più difficile era dirtelo,

e ora ci sono riuscita.

Non posso sopportare che la porti via.

Hai complicato troppo le cose.

Ne riparleremo più in là.

Vieni, su.

Puoi prendere le borse?

Andiamo.

Amore mio, ti voglio tanto bene.

Ciao, piccolina.

Forza...

- Pronto?
- Arturo... sono Janis.

- Sei a Madrid?
- Sì, che succede?

Puoi venire, per favore?

Ha i lineamenti di mia madre.

E' stato terrificante
trovarla quando era già morta.

Ciao. Ti ho svegliata?

Ana...

Sono intontita dagli ansiolitici.

Scusa se sono andata via così,
ma il fatto è che...

La situazione era molto difficile,
ed è colpa mia.

E' giusto che ora subisca questa punizione.

Non è una punizione, puoi venire
a trovare la bambina quando vuoi.

Grazie.

Ora sono molto più tranquilla.

Non è stato facile capire tutto insieme,
ma sono preoccupata per te.

Dobbiamo trovare una soluzione.

Il peggio è stato ieri sera.

Ora devo riuscire a staccarmi
un po' alla volta dalla bambina.

Io verrei a trovarvi anche subito,

ma è meglio aspettare qualche giorno.

- Non puoi smettere di vederla da
un giorno all'altro. - No, certo che no.

Vi chiamo appena mi sento pronta.

Janis, dobbiamo parlare anche di noi due.

Mi sento molto disorientata.

Sì.

Parleremo di tutto, quando vuoi.

Un bacio.

Ciao.

E' qui.
Dicono sia accaduto qui.

- Andiamo dritti dalla donna malata.
- Sì, la zia Brígida.

La poveretta potrebbe non arrivare a luglio.

- Ci saranno anche le due
nipoti della vittima. - Perfetto.

- Janis, che felicità! - Ciao!
- Come va? - Sono felice di vedervi!

- Come sei bella!
- Anche voi.

- Lui è Arturo. - Salve, come va?
- Dirigerà gli scavi. - Piacere.

- Il piacere è mio. - La nonna?
- E' dentro. Nell'attesa si è appisolata.

- Stanotte non ha chiuso occhio per
l'agitazione. - Ah, certo. - Venga. - Grazie.

Nonna, sono arrivati!

Zia Brígida!

- Non si alzi.
- Avevo paura che non veniste.

Sedetevi.

Zia, lui è Arturo, un esperto.
Sarà lui a dirigere gli scavi.

- Preleverò dei campioni di saliva.
- Mi farai una puntura? - No, è solo un tampone.

Se devi farmi una puntura, fa' pure.
Ormai sono come un puntaspilli!

E' malata, te l'ho detto.

Apri la bocca, zia.

Molto brava.

Bene, ecco fatto.

Sono molto malata, Janis,

e ho un solo desiderio,

che troviate mio padre
per seppellirlo accanto a mia madre.

- Anche lei vuole essere sepolta lì.
- Non mi resta molto tempo.

Nonna, non dire così.

Che il cancro mi consumi,

ma il mio sogno
è di riunire tutta la famiglia.

Se non siamo stati insieme in vita,
che possiamo farlo almeno da morti.

Signora Brígida, mi parli di suo padre.

- Io avevo quattro mesi quando lo uccisero.
- Era così piccola, eppure se lo ricorda.

Ricordo ciò che raccontava mia madre.

- E cosa ti raccontava tua madre, zia?
- Tante cose.

Quando vennero a prenderlo,
mio padre mi teneva in braccio.

Stava giocando con me.

Mia madre me lo raccontò
e ormai è come se lo ricordassi.

L'ultima cosa che fece mio padre
fu giocare con me.

Io avevo un sonaglietto

che scomparve quando lo portarono via.

Mia madre lo cercò dappertutto,
ma non riuscì mai a trovarlo.

Penso che lo portò con sé.

Ciao! Ciao, Herminia, come va?

- Ciao!
- Come state? - Bene.

- Come va?
- Ciao!

- Lui è Arturo, a luglio si occuperà
dell'esumazione. - Grazie, non ci sembra vero.

- Janis gliene avrà parlato. - Sì, mi ha
raccontato. - Prego, entrate. - Grazie.

- Che patio ben tenuto!
- Sedetevi.

Uh, le cialde!
Da quanto tempo non le vedevo!

Le ho fatte per voi.

- Ricordate qualche particolare di vostro nonno?
- Tanti, ma noi non l'abbiamo visto.

Lo conosciamo per quello che mia
nonna ci disse, quando si decise a farlo.

Fino a poco prima di morire non aprì bocca.

Per paura.
Tutti avevano molta paura.

Il nonno era alto e bello,
e con degli occhioni...

Uno, in realtà, l'altro era di vetro.

Dalle foto non si nota.

Questa foto l'ha fatta il mio bisnonno.

Vostra nonna vi ha mai detto
se era solito indossare qualcosa?

Un orologio, una penna,
una pipa, magari un gioiello?

Mia madre diceva che il nonno non toglieva mai
l'anello nuziale, neanche per lavorare nei campi.

- La fede.
- Sì, mai.

Al suo interno era incisa la data del
matrimonio e il nome di mia nonna: Josefa.

Indossava i sandali quando lo portarono via.
Non ebbe il tempo di cambiarsi le scarpe.

Mia nonna ereditò la casa da sua madre,
e io da lei.

Qui ho passato l'infanzia.

In questa stanza nacque mia nonna

e mia madre.

Qui c'è qualcosa.

Guarda, è un bossolo.

- Com'è andato il viaggio?
- Benissimo. - Aspetta, ti aiuto.

Oh, la piccolina!

- Ciao, Elena.
- Ciao.

Ciao, Cecilia!
Come stai?

- Come va? - Come stai? Mi dai
un bacino? - E' un po' arrabbiata. - Sì?

- Non le piace per niente la macchina.
- Ah, bene. - Come sta andando? - Bene.

Da quanti anni aspettavo
questo momento, Arturo.

- Non sai quanto sia importante per noi.
- Posso immaginarlo, lo è anche per noi.

- Avete bisogno di qualcosa?
- No, andremo a mangiare in paese.

- Anzi, sì, acqua e caffè, se possibile.
- Ve li porto io.

- Andate a sistemarvi con calma, ci vorrà
un po' di tempo. - Quanto tempo ci metterete?

Non lo so, dipende dalla profondità,
ma tre o quattro giorni.

- Potete venire quando volete, anche
le altre. - Sì, vogliono venire tutte.

- Sta' buona...
- Andiamo a casa. - Tu stai bene? - Sì.

- Ci vediamo dopo?
- Sì.

Vi porto subito da bere.

- Passo da casa mia e poi gli porto l'acqua
e il caffè. - Magari passiamo nel pomeriggio.

Certo, avvisatemi.

- Stai bene, Elena?
- Ho tanta voglia di piangere.

Ciao, ci sentiamo dopo.

- E' rustica, eh!
- Sì, molto.

Non l'ho voluta ammodernare.

Mi piace molto.

- Ti piace, Cecilia?
- A te piace?

- Dopo vi faccio vedere la casa.
- D'accordo.

Che c'è?

Avrai un fratellino, Cecilia.

- Sai già se è maschio o femmina?
No, è ancora presto, sono di soli tre mesi.

- E che nome gli darai?
- Se è una bambina, Ana.

Mi piace.

Se è un bambino,
Antonio, come il mio bisnonno.

Ti piace?

Il mio bisnonno era proprio seduto qui
che cenava insieme alla mia bisnonna,

e a mia nonna Cecilia, di soli dieci anni,

quando entrarono tre falangisti
e lo portarono via.

Non lo lasciarono neanche finire di mangiare.

Quando tornò all'alba
era pallido e coperto di fango.

Aveva passato la notte a scavare
la sua futura fossa.

La notte dopo tornarono a prenderlo di nuovo,

ma non tornò più.

Perché non scappò dopo la prima notte?

Non saprei, immagino che non
volesse lasciare sua moglie e sua figlia.

E per orgoglio e dignità.

Non lo so.

Se il femore va in questa direzione,

il bacino dovrebbe essere lì.

- Quindi attenti con il piccone, il cranio
dovrebbe essere da quelle parti. - Va bene.

- Allora continuiamo?
- Sì.

Una falange.

E un bottone.

E' stato ammanettato con il filo spinato.

Il sonaglio.

Arturo, metto un cartellino.

Sì, dopo facciamo una foto.

- Salve. Buon pomeriggio.
- Buon pomeriggio.

Questo è il vostro momento, noi andiamo via.