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SALERNES, FRANCIA

Io non sognavo di fuggire.

Ma immaginavo dove mi sarei trovata,
con che gente mi sarei trovata,

in che casa mi sarei trovata.

Mi facevo il mio film.

Non ero preoccupata.

Tutti ci sostenevano.

Però, sinceramente,
non pensavo di dover rimanere tanto tempo.

Signore, accogli la mia preghiera...

Il nostro compito era che Stefano
venisse al mondo in sicurezza.

E che venisse al mondo con dei genitori...

che lo amassero malgrado il peso forte
che stavamo portando.

Era questo il nostro compito.

Noi dovevamo dargli tanto.

Noi ce ne siamo resi conto
dopo che è nato.

Lui è venuto al mondo
per asciugare le nostre lacrime.

Però, il mio cuore
era sempre ai miei figli.

La cosa che più mi faceva dispiacere

era pensarli nelle mani
di quella gentaglia là.

Era gentaglia, quella là.

PALAZZO DI GIUSTIZIA

Per la seconda volta,

le ombre della pedofilia
entrano in un'aula di giustizia a Modena.

Il primo processo
si concluse con sei condanne,

già confermate
dalla Corte d'appello di Bologna.

Il secondo processo è iniziato oggi.
Si svolge a porte chiuse.

Sono previste decine di udienze.

Il nuovo processo
vedeva un gran numero di imputati

accusati a vario titolo di diversi reati,

dall'abuso domestico a quello ritualistico
in ambito cimiteriale.

Ma diversamente dai fratelli e dal padre,

Lorena Morselli e il marito Delfino
non facevano parte degli imputati.

Le indagini nei loro confronti
non si erano ancora concluse.

Loro, insieme all'intera comunità
della Bassa,

attendevano con ansia le notizie
che trapelavano dall'aula.

Inizia il processo.

Ci troviamo in quest'aula
del Tribunale di Modena

che aveva questa porta
dove non si poteva vedere all'interno.

C'erano queste celle di ferro
dove dentro c'erano delle persone che...

Io non sapevo chi fossero

La prima volta in Tribunale,
io ero in gabbia.

Non so cosa dire,

io mi sono trovato in questo vortice
e ho dovuto girare nel ciclone, capito?

Agghiaccianti le testimonianze,
le fotografie e i filmati

che compongono gli atti di accusa
dei Pubblici Ministeri

Andrea Claudiani e Carlo Marzella.

PEDOFILI, DUE I LUOGHI DI SCAMBIO

PEDOFILI, AGGHIACCIANTI RICORDI

17 gli imputati.

Devono rispondere di maltrattamenti,
sequestro e atti sessuali

nei confronti di minori.

Cioè, loro cercano di dimostrare
che io conoscevo Scotta,

che Scotta conosceva i miei fratelli

io conoscevo anche Santo Giacco.

Cercavano comunque di trovare una prova
che noi ci conoscevamo.

Io non conoscevo le persone
che erano al processo con me.

Tranne Giacco.

Perché abitava di sotto.

Mia sorella diceva
delle brutte cose del suo papà.

Diceva che papà
era uno che faceva i film porno.

Andava a registrare i bimbi al cimitero.

Io non ci ho mai creduto.
Mai, mai, mai.

Non lo conosciamo neanche
questo cimitero di Finale.

Secondo l'accusa,

è Don Giorgio la figura centrale
del gruppo di presunti pedofili.

DITO PUNTATO CONTRO IL PARROCO

I PM ANTICIPANO PESANTI PROVE
CONTRO DON GIORGIO

"NON SO NEANCHE
PERCHÉ MI ACCUSANO"

- Quei bambini non li conosco neanche.
- Però c'è qualcuno che lo accusa.

Sono accusato di tutte le cose
più infamanti di questo mondo.

È vero.

Ma la gente tranquillamente
mi affida ancora i suoi bambini

per il catechismo, per i sacramenti.

Questo mi ha permesso di continuare.

Perché se no, sono di quelle cose....

È meglio ammazzare uno,
piuttosto che fargli queste cose.

Don Giorgio Govoni
mi chiese di poterlo assistere

in questo procedimento penale.

Non era un caso come tutti gli altri.

C'era una partecipazione emotiva
fortissima.

Io cercavo di mantenere
freddezza di giudizio

nella lettura degli atti.

Ma, devo essere sincero,
era molto molto complesso,

molto difficile.

Mentre molti degli accusati nominarono
degli avvocati tra i più noti di Modena,

Santo Giacco, padre di sei figli,

scelse come suo rappresentante legale
un giovane avvocato di provincia.

Patrizia Micai.

Le udienze erano lunghissime.

Erano molto frequenti.

E quindi, per tutti,

rappresentava uno sforzo fisico,
uno sforzo emotivo.

Le vittime sono 12,
bimbi, da uno a 10 anni.

I bambini hanno raccontato
anche di sevizie

subite all'interno dei cimiteri.

Qualcuno ha parlato addirittura
di omicidi in diretta,

davanti alle telecamere.

C'era un capo di imputazione così pesante

che presupponeva un gruppo organizzato.

Una sorta di setta satanica.

L'hanno descritto come se fossimo
dei massacratori di bambini

che non è vero.

Non è assolutamente vero.

Il processo si teneva
all'interno del Tribunale di Modena.

Ma le testimonianze dei bambini
venivano raccolte in un altro luogo,

più sicuro e protetto,
lontano da giornalisti e telecamere.

SEDE SERVIZI SOCIALI
DI MODENA

Eravamo organizzati nella sede di Modena

per poter trovare
uno spazio che fosse protetto.

Perché per fare un'audizione protetta,

è necessario che il bambino
non incontri l'indagato quel giorno.

Che non ci sia nessun tipo di contatto.

C'era una stanza dove c'era il giudice
per le indagini preliminari

con il bambino e la psicologa.

Si cercava di far di tutto

perché loro capissero qual era
il significato di quello che facevano.

Chi era la persona con cui parlavano.

Che si rendessero conto
che era una cosa importante

e che bisognava dire la verità.

Ecco qua, siamo pronti? Allora...

Non devi avere paura di niente.
Qui siamo tra amici. Tu sei tranquilla.

Io ho sentito che sarebbero successe
delle cose un po' particolari.

Brutte, ecco.

Saresti in grado di dirmi qualcosa
di queste cose?

Te la senti?

Dietro lo specchio, assistevano tutte le
persone che potevano stare in udienza.

Quindi, gli avvocati,
i Pubblici Ministeri, gli indagati.

Io penso di non aver mai visto
un'audizione

svolta in quella conflittualità.

Un silenzio
e il terrore nel cuore di tutti.

Sentivi proprio questa...

quest'ansia.

Clima del terrore.

A posto, bene.

C'erano altre persone
oltre a te e a Federico?

C'era sua moglie e mia madre.

E poi c'erano i due figli di Federico.

Senti, succedevano altre cose
in questo cimitero, oppure...?

Ecco, quando avevano finito
di farti del male,

cosa succedeva?

Poi, certe volte
ci davano anche un coltello in mano.

Ti davano un coltello in mano...
per fare che cosa?

Per fare dei taglietti sui bambini.

Poi uno, non so se...
se è morto oppure no.

Sei obbligato a sentire dei racconti

che neanche in un film horror
vengono fuori.

Ci hanno fatto bere il sangue di lui.

Ci ha detto:

"Adesso, vi verrà l'anima
del Diavolo dentro al vostro cuore."

C'era il bambino, lo tenevano.

E io piantavo il coltello nel cuore.

Dopo l'allontanamento,
era la prima volta che vedevo mia figlia.

Io subito mi sono commosso,
ormai mi mettevo a piangere.

E lei ha raccontato quello che sappiamo.

Satanisti, cimitero,

bambini uccisi, messe nere.

Quando andavi al cimitero, chi c'era?

Gli zii...

I miei cugini, i miei genitori...

Le accuse che mi rivolgevano
erano quelle che andavamo nei cimiteri.

Tutte le sere,
da mezzanotte alle tre di mattina,

a fare questi riti satanici.

Mio zio si chiama Giuseppe.

Andavamo a prendere i figli di Lorena
a mezzanotte, per portarli al cimitero.

Io ero convinto che i figli di Lorena
smentissero le accuse.

E, invece, è stato tutto il contrario.

Poi, a un certo punto,
mi sentivo spogliare.

Ma io subito... ero sempre bendata.

Poi, sentivo le lacrime scendermi.

Però, anche quando avevo voglia di urlare,

pensavo: "Se urlo...

Cioè, mi picchiano ancora più forte."

Nessuno ci dava la possibilità
di avvicinare questi bambini.

"l potere della difesa, qua, qual è?"

Ecco, io questo mi chiedevo.

Un avvocato, in questa funzione...

Che cosa posso fare?
Non posso parlare con il bambino.

Posso al massimo
dare un bigliettino al giudice.

"Provi a chiedere al bambino questo,
quest'altro..."

Il giudice chiede allo psicologo
che è lì con lui

se è una domanda che si può fare
o non si può fare.

Poi, è lo psicologo che dice sì o no.

Mi parevano più potenti
gli psicologi dei magistrati.

Può essere un giusto processo questo?
Io direi di no.

Chiudevano le porte.

E poi dopo cominciavano a farci del male.

Poi ci bendavano la bocca
così non urlavamo

e le persone che erano di fianco
non sentivano.

Avevi una marea di accuse addosso.

La cosa assurda è che ti domandi:

"Ma io non ho fatto niente,
perché raccontano queste cose qua?"

Quello che ha detto è pesante.

Poi, alla fine, ha proprio battezzato
con una frase...

Ha detto: "Cari genitori..."

"Cari genitori,

voi per tre anni e mezzo
mi avete fatto del male, molto.

Io ho sofferto.

Però, adesso soffrirete voi.

La mia casa, purtroppo,
è questa che si vede.

È un camper
perché ho avuto lo sfratto da dove abito.

Adesso abito, ormai da un mese e mezzo,
in questa casa.

I racconti che fanno
sono incredibili, impossibili.

Cioè, bambini ammazzati, bambini stuprati
con lime, pinze, punteruoli.

E nessuno se ne accorge? È assurdo.

Non riuscivamo a capire com'era possibile

che in un paesino dove se casca una chiave
fa eco e la sentono tutti

dove tutti sanno tutto di tutti,

qui ci sono bambini morti, uccisi
e buttati nel canale

senza che nessuno se ne accorge.

Non c'era stata nessuna denuncia
di nessun familiare,

che gli era sparito il bambino.

Tutti i bambini risultavano all'appello
dell'anagrafe dei comuni.

Allora, hanno detto che Don Giorgio,

quando portava
gli aiuti umanitari in Bosnia,

tornava indietro con il camioncino
pieno di bambini.

Ecco perché, in Italia,
non sono spariti dei bambini.

I Carabinieri
non si sono mai accorti di niente.

Si parlava, in questo processo,
di omicidi rituali.

Non è mai stato rinvenuto
il corpo di un bambino

o una traccia di sangue.

Si parlava di casse dissotterrate.

Non è mai stato trovato
un centimetro quadrato di terreno smosso.

Non sono state nemmeno mai ritrovate
le maschere.

I costumi da Diavolo, da leone, da tigre.

Quindi, mancava proprio
un elemento fattuale, oggettivo.

REGISTRAZIONE AUDIO

SOPRALLUOGO DI MICHELA
CON VALERIA DONATI, POLIZIA E G.I.P.

Scegli tu i posti che ci vuoi
raccontare, indicare.

Sì, sì.

Quando non vuoi più che hai
paura, lo devi dire.

Altrimenti noi non possiamo capire.

Documenti che vengono depositati
anche udienza per udienza.

Capi di imputazione che si trasformano
all'acquisizione di nuove prove.

"Oggi, ci sono altri documenti."
Altri documenti? Quali documenti?

Cos'è successo?

È perché i bambini
continuavano a raccontare, no?

Poi, abbiamo scoperto
che si diceva "disvelamento".

Il racconto a grappolo.

- Tu comunque ti ricordi
questo ingresso qui? - Sì.

- Questo dove siamo avanti adesso?
- Sì.

C'è qualche posto particolare
che ti ricorda qualcosa?

- Quello lì.
- Questo ponte nero?

Perché? Di lì che facevate?

Come fai a difenderti?

In continuazione, tu devi correre
per difendere su una prova diabolica.

Cioè devo provare che tutto quello
che i bambini stanno dicendo

in realtà non è mai accaduto.

È impossibile.

C'eravamo resi conto

che estremamente importanti
erano le prime rivelazioni.

E noi non avevamo traccia alcuna
di queste rivelazioni.

Perché non avevano
audio e videoregistrato nulla.

Non avevano nemmeno tenuto gli appunti.

Tutto quello che era il succo
del racconto dei bambini

era bypassato dalle maestre
o dalle mamme affidatarie,

o dagli assistenti sociali
o dalle psicologhe.

Quindi, noi avevamo bisogno di comprendere

se effettivamente il bambino

fosse stato, anche involontariamente,
suggestionato.

Ci sono state varie linee difensive.

E una era quella.

Cioè dire che io avevo in qualche modo
suggestionato, indotto

o prodotto dei falsi ricordi nei bambini.

Il problema della videoregistrazione,
della registrazione in ambito clinico,

a volte è un problema.

perché l'approccio che noi avevamo,

e che lo psicologo ha quando lavora
in quest'ambito, con il bambino,

non è di sapere che cosa è successo.

L'approccio è sul bambino, sul malessere.

Quindi non è che sei sempre lì a dirti:

"Aspetta, adesso me lo dice.
Accendo una telecamera."

Non funziona così.

Però, sinceramente,
non ci ho pensato proprio.

Era tutto basato
sulle relazioni della Donati.

La Donati scriveva:

"Il bambino mi ha detto
e io riferisco quello che mi ha detto."

Chiaramente, lei era convintissima

che tutto il suo lavoro
era stato fatto bene.

MACCHIE DI RORSCHACH
TERAPIA PEDIATRICA

Ho sempre dato
tutto quello che mi hanno chiesto.

Gli appunti, li ho sempre mostrati
nei verbali.

Abbiamo dato le cartelle.

Abbiamo fatto le relazioni.

Abbiamo sempre segnalato
in maniera tempestiva.

Il mio lavoro è stato valutato,
vivisezionato...

e analizzato sotto tutti i punti di vista,
sotto tutti gli aspetti.

Tra gli interventi più importanti
per l'accusa,

vi erano quelli dei due periti medici,

il proctologo Maurizio Bruni
e la ginecologa Cristina Maggioni.

I PERITI DELL'ACCUSA
CONFERMANO LE VIOLENZE SUI BIMBI

Per quanto riguarda
la dottoressa Cristina Maggioni,

che aveva periziato tutti i bambini,

c'erano degli abusi certi.

Mentre per quanto riguarda
il dottor Bruni,

il consulente disse "compatibili, però..."

Questa frase ricorrente:
"Segni compatibili con..."

Con cosa? "Compatibili con penetrazioni."

Ma di quel tipo?

Venivano descritte
come ripetute, continuate.

Non vi sono criteri assoluti
che indichino l'abuso sessuale

tranne il riscontro di sperma.

Questo è un elemento inequivocabile.

Atti di abuso
possono non lasciare alcun segno

ed essersi verificati.

Altri possono lasciare segni.

Parlando con il professor Fornari
che è il nostro consulente,

il professor Fornari
diceva che era impossibile.

"Se questi bambini avessero subito
quello che stanno dicendo,

sarebbero tutti quanti morti."

"I bambini non hanno subito violenza."

Lo ha dichiarato oggi pomeriggio

il super consulente della difesa,
Antonio Fornari.

Sentiamo.

Praticamente, ho l'impressione
che siano stati intesi,

in modo non del tutto corretto,

dei dati riscontrati all'esame,
alla visita delle presunte vittime,

in un modo non conforme alla reale natura
di questi elementi obiettivi.

Ero sottoposto a critiche
per il fatto che, secondo alcuni,

io volevo vedere l'abuso.

Io questo l'ho rifiutato.

Non ho mai fatto una diagnosi in eccesso.

Tutt'al più, sono stato troppo cauto
in certe circostanze.

Qui, parliamo di perizie.

Ma in realtà, dobbiamo sottolineare

che questi bambini
sono stati visitati una volta sola.

Sono stati visitati all'inizio
dai consulenti del Pubblico Ministero,

la dottoressa Maggioni e il dottor Bruni.

Poi, non sono mai più stati visitati.

PALAZZO DI GIUSTIZIA

Perché non era possibile all'epoca
avere un nostro medico legale

che faceva la perizia di fianco
alla dottoressa Maggioni?

Ecco, queste sono state le cose
che sono state fatte

senza avere la possibilità che la difesa
potesse comunque essere presente.

MESSE NERE E CIMITERI PROFANATI?
SONO SOLO FANTASIE

Se non c'è il contraddittorio,
la prova è nulla.

Non si può utilizzare.

Le affermazioni del professor Fornari
hanno provocato grande soddisfazione

soprattutto da parte
degli avvocati della difesa,

convinti che la vicenda
sia frutto di un grottesco errore.

Quindi, anche lì,

io ero praticamente sicura,
che il processo sarebbe andato in niente

e che venivano tutti quanti assolti.

LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI

Una requisitoria durata oltre dieci ore.

Le richieste di condanna,
133 anni complessivi.

La pena più alta, 14 anni,
per Don Giorgio Govoni,

indicato dal Pubblico Ministero Marzella,

come uno dei perni e trait d'union
tra i vari personaggi della vicenda.

Non lo so.

Io dichiaro che sono, non solo innocente,
ma completamente estraneo ai fatti.

Dopo, tutto il resto,

pensateci voi a pensare
cosa può essere capitato.

Io non lo so.

Don Giorgio era molto sofferente.

Era sofferente perché non si capacitava

di come si fosse potuto arrivare a tanto.

Non si dava spiegazioni.

Era qualcosa al di fuori
di una qualsiasi sua logica.

Il giorno seguente della requisitoria
dei Pubblici Ministeri, lui mi telefonò.

Mi disse che aveva una cosa urgente,
importante da riferirmi.

Infatti, Don Giorgio arrivò in studio,
in sala d'aspetto.

Io gli dissi che in giro di pochi minuti
avrei terminato.

A un certo punto,
ho sentito un grido strozzato.

E allora mi alzai.

Provai a soccorrere Don Giorgio
che intanto era accasciato al suolo.

Non dava segni di vita.

Arrivò il 118 che constatò la morte.

E allora...

Cronaca, un infarto ha stroncato ieri sera
Don Giorgio Govoni, 59 anni,

prete della Bassa modenese.

Nei suoi confronti, due giorni fa,

i PM Andrea Claudiani e Carlo Marzella
avevano chiesto 14 anni di reclusione.

Noi in paese siamo avviliti e distrutti.

Ci auguriamo
che, chi veramente ha sbagliato,

arrivi a pagare come ha fatto lui.

22 MAGGIO 2000
DUOMO DI MODENA

Oggi, davanti al feretro di un prete
onesto, genuino, caritatevole,

per noi erroneamente incriminato,

oggi confermiamo la convinzione
dell'estraneità di Don Giorgio

ai fatti clamorosi e tremendi
che si asserisce che siano accaduti.

Lo hanno ammazzato, questo qui.

È stato un sacerdote.

Vi volevo dire
che hanno ammazzato un sacerdote.

Non ho parole.

Come può essere nata
una cosa del genere?

Non lo sappiamo.

Chissà se è stata una cattiveria,
una calunnia.

Lo ricorderemo come un signor parroco.

Con tanto amore e con tanto affetto.
Sarà il primo martire qui.

DUE SETTIMANE PIU' TARDI
GIORNO DELLA SENTENZA

Mi sono resa conto che venivano condannati

probabilmente nella mia inesperienza
nella mia incapacità di capire,

quando ho visto arrivare i Carabinieri.

I Carabinieri in divisa

che si mettono di fronte ai giudici
prima della lettura della sentenza.

Il clima era proprio quello di condanna.

E quando c'è stata la condanna,
ho ancora nelle orecchie le urla.

No! Voglio mia figlia!

Via, via, via!

La tensione emotiva era altissima.

Bisognerà aspettare
sicuramente la motivazione.

Però, dalle prime...

da quello che si riesce a capire,

è credibile tutto,
anche i fatti dei cimiteri.

Noi siamo sereni come siamo sempre stati.

Abbiamo solo fatto il nostro lavoro.

Cerchiamo di lavorare come sappiamo fare.

Siamo soddisfatti che, una volta ancora,

i bambini e i loro racconti

sono stati ritenuti credibili.

Tutti gli imputati erano stati condannati.

Anche per i fatti
di abuso rituale cimiteriale.

Io non credo mai più in una giustizia.

Non ci credo perché la giustizia
non è giustizia in Italia.

Soprattutto senza avere
dei riscontri validi.

A me hanno dato 16 anni in primo grado.

A mio fratello, 16 anni.

A mio padre ne hanno dati 12.

Loro continuavano a dire
che era tutto vero.

LINEA INVALICABILE
SORVEGLIANZA ARMATA

I Carabinieri arrivarono
verso mezzogiorno.

E dopo un quarto d'ora, 20 minuti,

abbiamo varcato le porte del carcere
di Sant'Anna di Modena

per i miei 11 anni di carcere.

ALT!
FARSI RICONOSCERE

Questa è stata la notizia peggiore

perché era riconoscere
la colpevolezza di Federico.

Nel senso che, da lì in poi,

il mondo avrebbe sempre giudicato
Federico come colpevole.

L'accusa di pedofilia
è una delle accuse peggiori

che si possa fare a un essere umano.

Gli altri detenuti nei confronti
dei pedofili sono molto cattivi,

sono molto aggressivi, sono violenti.

Spesso li emarginano, li picchiano,
li aggrediscono, li insultano.

L'idea che mio fratello
potesse finire in prigione

e non essere capace
di difenderlo da questa cosa,

mi ha fatto veramente sentire impotente.

Dalle celle, ti aspettavano
con delle urla che erano:

"Ti uccido, sei un pedofilo.

Ti apro e ti faccio passare le stesse cose
che hanno provato questi bambini."

Chiaramente, hai un attimo di paura.

Sai che sei qui.

Ma non sai se da qui ci esci vivo.

Questa notizia arrivò
che io ero già in Francia.

Aspettavo il mio processo.

Tutte le settimane scrivevo una lettera.

Dicevo: "Tutto si risolverà,
tutto andrà bene."

Non è facile stare in galera.

Però, posso dire una cosa.

Quando Lorena è stata intervistata in TV,

a Madama Dorè su Rete 4,

avevamo sparso la voce
in tutta la sezione.

Tutti hanno guardato l'intervista.

Da quel giorno lì,

hanno iniziato a cambiare
un po' il modo di vederci.

Credo fermamente in loro.

Quello che dicono
non è farina del loro sacco.

Sono convinta che, un giorno,
la verità la troveremo insieme.

E io gli dico...

Figli miei,
il bene che vi abbiamo voluto prima,

ve lo vogliamo anche adesso.

E vi aspettiamo presto.

ORATORIO PARROCCHIALE
S. GIOVANNI BOSCO

La conclusione
del secondo processo "Pedofili"

non segnò la fine dei procedimenti penali.

Le accuse mosse contro Lorena e Delfino,
mesi dopo l'allontanamento dei loro figli,

culminarono in un terzo processo
dei Diavoli della Bassa,

in cui loro due erano gli unici imputati.

Tra pochi giorni inizierà a Modena
il processo contro due genitori

accusati di avere coinvolto
i loro quattro figli

in un giro di pedofilia.

Io venivo in Italia
solo quando gli avvocati mi chiamavano.

Quando gli avvocati mi dicevano
che tal giorno c'era un'udienza

che tal giorno c'era un interrogatorio.

"Prendi con te tal documento.

Devi dimostrare questo,
devi dimostrare quello."

Non ho più nessuno.

Mia moglie da due anni è in Francia
con il bambino.

Non c'è più nessuno scopo nella vita,

quando hai visto portare via ingiustamente
questi quattro bambini.

Avevo una paura dell'altro mondo.

Bastava che Claudiani dicesse:

"Puoi circolare in tutta Italia,
ma oltre Italia non ci vai."

E Stefano non mi avrebbe più vista.

Era doloroso lasciare Stefano,

perché non lo lasciavo
per venire in Italia a trovare mia mamma.

Venivo per delle cose molto serie
e molto pesanti.

Perché il pericolo era imminente,
il pericolo era grande.

Questi bambini stavano sparando
contro tutto e contro tutti.

Troveremo un giudice che dirà:

"Cominciamo a rendere giustizia,
prima di tutto ai bambini.

Negare la verità ai bambini
è come negare la vita.

E i bambini ne conoscono una di verità.

CONIUGI CONDANNATI
A 12 ANNI A TESTA

A LORENA E DELFINO COVEZZI
TOLTA ANCHE LA POTESTA' SUI FIGLI.

Diversamente da molti altri
che erano stati condannati prima di loro,

Lorena e Delfino rimasero a piede libero
mentre aspettavano l'appello.

Dopo tre lunghi anni di processi
e intensi dibattimenti,

sembrava che finalmente
il caso dei Diavoli della Bassa

avesse raggiunto un momento di tregua.

Tutti erano esausti.

Ma a Massa Finalese,
nella casa di Silvio e Oddina Paltrinieri

la stessa casa
dove il piccolo Dario Galliera

aveva trascorso dei mesi felici nel 1993,

non c'era tempo da perdere.

Tenace e risoluta,

Oddina non aveva mai perdonato la scelta
di allontanare Dario dalla sua famiglia

per affidarlo ad altri.

Gli anni che seguirono,

Oddina li dedicò a cercare di capire
come questa vicenda fosse scaturita

da quella che, secondo lei,

era stata una sconsiderata decisione
dei servizi sociali.

Mia madre, in questo periodo,
era arrabbiata

perché non riusciva a capire,
a comprendere

il perché di queste accuse diffamanti,

i riti satanici, gli omicidi nei cimiteri.

È assurdo, è una cosa assurda.

Era talmente evidente

che tutto si stava creando
su delle basi non solide,

che come lo era per lei,
doveva esserlo per altri.

Ha sempre avuto la sua postazione fissa
qua, in questa sala.

Aveva il suo computer
per avere un archivio pronto all'uso

nel caso in cui qualcuno
avesse voluto visionare,

sapeva già dove andare a cercare.

Qui, era la base operativa.

Qui, potevano venire tutti,
avvocati, psicologi,

per avere qualche dettaglio in più.

Dico: "Signora, scusi,
io sono l'avvocato Micai."

"Oh, era ora! Vieni dentro."

Mi dice così, lei mi aspettava.

"Ma perché mi aspetta?"

"Insomma, bisogna che qui vengano
a parlare con me

perché io la so la storia."

Da quando ho conosciuto Oddina,

tutto è cambiato.

Lei sapeva tutto perché viveva lì.

Ha continuato a frequentare le persone.

Manteneva i rapporti con Lorena Morselli
quando era in Francia.

Quindi, mi diceva cosa diceva Lorena.

Poi ha continuato
ad avere rapporti con i Galliera.

E, invece, Don Ettore,
il braccio destro di Don Giorgio,

stava collezionando gli atti
per metterli in ordine

e per dare una sequenzialità
a tutti gli eventi.

La capacità di Oddina
di tenere tutti uniti,

di vedere al di là del muro.

Anche ciò che era invisibile,
lei lo vedeva.

Ci ha tanto sostenuti, Oddina,
tanto, tanto.

Ogni volta che venivo in Italia,
una tappa era obbligatoria da Oddina.

Diceva: "Sono zoppa,
ma non sono mica deficiente."

Non era semplicemente, a suo avviso,
un errore giudiziario.

Quindi, noi dobbiamo capire
di più e meglio.

E andava ad approfondire,

addirittura cercando e trovando lei stessa
la professoressa Giuliana Mazzoni.

Buonasera a Giuliana Mazzoni.

- Buonasera a lei.
- Buonasera.

È docente di psicologia cognitiva
e neuroscienze, esatto?

Verissimo, esatto.

Lei è un'esperta di memoria
e di distorsione di memoria.

Per cui, possiamo dire
che è un'esperta di bugie?

In un qualche modo, sì,
sono esperta di bugie.

Non è che ne dica tante, ma insomma.

Sono partita
con un grande punto interrogativo, ok?

E ho letto.

L'idea che mi sono fatta è stata
che la dottoressa Donati

fosse, tutto sommato,
una persona molto inesperta.

Si muoveva senza capire esattamente
che situazione aveva di fronte.

E si muoveva anche, in qualche modo,
con una sorta di pregiudizio.

Per cui, se l'idea di fondo
è che i bambini non mentono.

I bambini hanno raccontato questo,
gli abusi sessuali ci sono.

Ci sono tutta una serie di conferme
intrecciate da parte dei bambini,

perché non credergli?

Mancava proprio la conoscenza.

Nel senso che la dottoressa Donati,
piena di buona volontà,

chiede alle famiglie affidatarie

di continuare a raccogliere informazioni
sugli abusi e cose del genere.

Io lo trovo,
da parte della dottoressa Donati,

veramente un atto deontologicamente
il più scorretto che si possa immaginare.

Già non era preparata la psicologa,
in questo caso.

Immaginiamoci i genitori affidatari
che errori possono compiere.

In questo modo di elaborare sul contenuto,

c'è stata, secondo me,

proprio una suggestione forte
nei confronti dei bambini

di elaborare questi resoconti
che avevano fatto

di abusi intrafamiliari, va bene.

E queste elaborazioni poi hanno portato

a questa idea di attività ulteriori,

in un luogo ulteriore, esterno,
di tipo macabro,

che per l'appunto è un cimitero.

La professoressa Mazzoni
mi fa l'esame di tutta la situazione.

In appello, portiamo questa sua consulenza
a parere pro veritate

che va a smontare
tutto il castello accusatorio.

11 luglio 2001.

Dopo mesi di lunghi dibattimenti,

il Tribunale di Bologna
emise la sentenza d'appello

nei confronti degli imputati
del secondo processo.

Non è mai esistita la banda di pedofili

scoperta quattro anni fa
nella Bassa modenese.

"I bambini inventarono le accuse",
questo dice la sentenza d'appello

che riabilita così,
insieme agli altri imputati,

anche Don Giorgio Govoni,
il sacerdote ritenuto il capo della banda.

Suonano a festa le campane di San Biagio,
una festa triste, ma pur sempre una festa.

Don Giorgio
non è più in mezzo ai suoi parrocchiani,

ma loro sono felici della sentenza
della Corte d'appello di Bologna

che ha scagionato il sacerdote
dalle accuse di pedofilia.

Lo hanno assolto adesso,
ma che cosa si assolve adesso?

Adesso, purtroppo, lui non c'è più.

Sono stati ritenuti credibili
questi bambini

affinché potesse rimanere in piedi
l'accusa ai parenti e ai genitori

rispetto agli abusi
all'interno della famiglia.

Per ciò che accadeva fuori dalla famiglia,
non sono stati ritenuti credibili.

NON CI SONO STATI
SATANISMI NEI CIMITERI

Sugli abusi,

come fanno a essere creduti attendibili
su una cosa sì e l'altra no?

Qual è il metro di misura per credere
che un bambino ti dice la verità

e qual è l'unità di misura

per dire che il bambino
non ti sta dicendo la verità.

Il verdetto ambiguo della Corte d'appello
nel secondo processo

portò a esiti diversi per i 17 imputati.

Chi, come Federico Scotta
e i fratelli Morselli,

era stato condannato per abusi
sia in ambito domestico che cimiteriale,

ricevette una pena lievemente ridotta.

Chi, come Santo Giacco,

era stato condannato
solo per abusi ritualistici,

venne pienamente assolto.

IL PADRE ASSOLTO:
"LA MIA VITA È DISTRUTTA"

Un momento di sollievo

e l'illusione di poter avere di nuovo

la possibilità di parlare
con i propri figli

e di riportarli a casa.

Perché mi avevano detto
che sarebbe subito tornata a casa.

Ogni bussata di porta dicevo:
"Spero sia mia figlia."

"Spero sia mia figlia."

Perché non torna se non c'è stato niente?

- Perché così?
- Mi sembrava morta per lei.

Andava nell'armadio, prendeva i vestitini,

se li metteva così,
piangeva e se li baciava.

Questo faceva.

Nonostante l'assoluzione,
la bambina non vi è stata ridata.

Mai, no.

Quello che dico io
è che mio marito è stato assolto.

Cominciate piano piano.
Non ho detto che la voglio subito a casa.

Qualche telefonata,
sentire un po' la sua voce.

A vedere come sta...

Non so, qualche soddisfazione...

- Certo, riprendere il contatto...
- Sono quattro anni.

Certo, noi lo capiamo perfettamente.

- La bambina aveva nove anni...
- Mi manca!

È la mia vita.

Io quando penso un po' ai miei genitori...
per esempio a mio padre...

A dire il vero, nel cuore,
penso che ci sia il Diavolo.

Avete fatto molto bene, io sono rimasta
molto contenta di questa cosa,

che mi avete affidato
a una famiglia più buona.

Di sicuro sentivamo di dover proteggere
in maniera abbastanza forte

questi bambini.

Al di là che fossero vere
tutte le cose che dicevano,

chi è stato assolto e chi no.

Comunque andavano curati perché i sintomi
di un disturbo post traumatico c'erano.

Bisognava che qualcuno
se ne prendesse cura.

Li abbiamo seguiti nella loro crescita

direi in tutti gli ambiti della loro vita.

È stata una crescita difficile per loro.

Hanno dovuto combattere con dei ricordi,
con dei fantasmi, con delle paure,

e contemporaneamente conquistarsi
con le unghie e con i denti

una normalità di vita,

che comunque, quasi tutti direi,

chiedevano fosse
con le loro famiglie affidatarie.

Milena voleva questo,
voleva solo normalità.

Volevo dire una cosa ai miei genitori...

Io vi voglio ancora molto bene
dentro al mio cuore...

Chi ha vissuto quell'esperienza,
se la porta dietro per tutta la vita.

Quanti bambini e bambine abusati

da grandi
continuano a vivere in quel dubbio.

"Ma i miei genitori
mi avranno voluto bene veramente?"

E la risposta è no.

Infatti, il famoso funerale,

cioè il distacco affettivo completo
dai suoi genitori,

è avvenuto dopo un po' di tempo.

Non era già avvenuto.

Quindi, in quella fase lì,
in quel periodo lì,

aveva ancora da rielaborare tanti aspetti.

Come genitori, lo vedevamo.

Quando Milena cominciava a star male,

era lei stessa che cercava di chiedere
di parlare con la psicologa.

Quando usciva dalla seduta,
era un'altra persona, serena.

Aveva ricevuto l'aiuto
di cui aveva bisogno.

Ecco, questi incontri si sono piano piano,
nel tempo, annullati.

Il funerale non è che gli è stato indotto.

L'ha fatto lei con le varie sedute,
le varie riflessioni.

Non c'è stata nessuna induzione,
nessuna suggestione.

Li abbiamo trattati con la stessa cura
con cui avremmo trattato dei figli.

Ma non con lo stesso attaccamento,
non so come dire,

perché erano figli di altre persone.

Però l'attenzione, la cura,

perché non fossero mai considerati
figli di serie B,

ma che fossero dei bambini come gli altri.

Quindi, ce l'abbiamo messa tutta
per fare questo.

Poi c'è stato il momento
in cui sono andati, sono diventati aduli.

Quando Milena compié 18 anni,
un minimo di preoccupazione ce l'aveva,

nel senso che poteva presentarsi
qualcuno dei suoi familiari.

Se fosse successa una cosa del genere,
sarebbe partita subito una denuncia.

Il diciottesimo compleanno
di ciascuno dei bambini

era una data importante,

attesa sia dalle famiglie affidatarie
che da quelle naturali.

Una dolorosa confluenza
di paure e speranza

si riverberava in decine di case.

Con il raggiungimento della maggiore età,

i ragazzi non sarebbero più stati
sotto la giurisdizione

del Tribunale per i minorenni.

Ora, erano liberi
di prendere le proprie decisioni

su dove vivere e con chi.

Noi abbiamo sempre sperato
di essere convocati dalle autorità,

sperato che ci dicessero:

"Oggi vostra figlia ha 18 anni.

Guardiamo insieme cosa ne pensa.

Se vuole tornare a casa."

Questo era il nostro sogno.

Sapevamo che non sarebbe mai stata realtà

perché comunque, alle autorità minorili,

dei miei figli
non gliene importava niente.

Probabilmente, anche gli affidatari non
hanno mai caldeggiato un'idea del genere.

Non hanno mai accettato
la realtà in senso vero.

Cioè, convinti che avesse avuto
un lavaggio del cervello,

che fossimo noi a impedire di prendere
in mano il telefono e di rispondere.

Io ho provato a dirglielo
in tutte le lingue,

ma se tu non vuoi capire.

Se non mi credete, non mi chiamate più.

Io posso dire solo che vostra figlia
non ne vuole parlare, basta.

Per posta, sono arrivate
un sacco di lettere, di cartoline.

Mamma mia...

Le legge e si mette a ridere.

Questi qua, proprio non ci mollano.

Nel giugno 2010, otto anni dopo
la condanna di primo grado,

Lorena e Delfino tornarono
in un'aula di giustizia per l'appello.

Alla lettura della sentenza,
assistettero anche i loro figli.

Era la prima volta che li rivedevano
dopo oltre dieci anni.

Noi li abbiamo visti passare.

Vanessa era vestita
con un tailleur con pantalone nero.

Emilio l'ho riconosciuto per i ricci.

Facevano così, ci guardavano.

Allora io gli stringevo l'occhio,
gli sorridevo.

Io mi godevo i miei figli come...

Veramente, come un miracolo.

Mi dico: "Mamma mia, dopo tanti anni,
io li..."

Ed ero contentissima.

9 GIUGNO 2010

Condannati in primo grado.
Assolti in appello.

Ribaltata la sentenza
per due genitori modenesi

accusati di aver abusato
dei quattro figli minori dati in affido.

E li abbiamo visti andare via.

È chiaro, il dolore, la voglia di...

di dire anche solo "Ciao" era grande.

Ma noi siamo stati lì,
zitti, nascosti e muti.

Mi ricordo che quella sera lì,
quando siamo arrivati a Massa Finalese,

c'era Oddina che ci aspettava,
ci abbracciava.

Mi ha chiamato mia madre, felicissima,

dicendo che avevano assolto
Lorena e Delfino

e che si sarebbero visti
per festeggiare questo evento.

Io ero molto contenta

perché era come se avessero scagionato
qualcuno della famiglia, capito.

Io mi sono messo a piangere
come un bambino.

Mia moglie ancora di più.

Speriamo adesso dalla sentenza
di aver la possibilità di avvicinarci

e di aprire un dialogo
con i nostri quattro figli.

ASSOLTI

Apriremo un incontro e poi vedremo
anche di riunire la nostra famiglia.

Lui non si è reso conto
che stava morendo.

Sono sicura
che lui non si aspettava una fine così.

La morte di un uomo

a cui il cuore si è fermato

certamente per aver raggiunto
dei livelli di stress

reiterato per anni e anni e anni.

C'è stato il suo funerale.

C'era tantissima gente.

Avevo chiesto che le campane
suonassero a festa perché...

Perché per noi cristiani,

quello è il giorno dell'incontro
con il Signore.

Non ha mai mollato, Lorena.

Ha sempre avuto una forza

data, secondo me,
dalla sua grandissima fede.

Ed era a volte lei che dava forza a noi.

Quindi, io ho una stima infinita
nei confronti di quella donna.

Che sistema giudiziario è un sistema
che distrugge una famiglia.

Gli porta via, 16 anni fa,
i quattro figli minorenni.

E solo dopo 16 anni,

gli comunica una cosa
che fin dall'inizio si capiva

e cioè che erano totalmente innocenti

rispetto agli addebiti infamanti
a loro rivolti.

Se lo Stato ha sbagliato,

non può condannare per tutta la vita
il padre e la madre di quel bambino

a non rivederlo più.

La giustizia
deve dare una risposta in tempi utili.

Stabilire se una persona
è colpevole o innocente,

ma non far stare tutta la vita
sotto processo un presunto colpevole.

Perché quando alla fine, dopo 16 anni,
la giustizia arriva

purtroppo, arriva fuori tempo massimo.

Oddina ha perso gli ultimi suoi anni

a cercare una verità, a investigare.

Mia madre si è ammalata

di cancro al fegato nel 2013.

È stata una cosa molto veloce,

nel senso
che era una fase terminale avanzata.

E quindi, anche per noi,

è venuto a mancare

un grande punto di riferimento.

Abbiamo passato 45 anni insieme.

Tutti belli.

Sono tanti.

Era una donna così, era speciale, capito.

Quando è morta, abbiamo riordinato
il suo archivio nel sottoscala.

Mio padre ha cominciato a dire:

"Butta via tutta quella roba,
tanto non serve a niente."

Io e mia sorella abbiamo detto:

"No, la teniamo,
tanto lo spazio in casa non manca.

La togliamo di qui se ti dà fastidio,
la portiamo su e la lasciamo lì."

Comprendeva una decina di cartoni,

con tutte le sentenze,

tutti i ritagli di giornale
dei fatti avvenuti nella Bassa e non solo.

Ce ne sono tanti, eh.

Una trentina di videocassette VHS.

Ha raccolto veramente tanto materiale.

Perché le parole di mia madre
all'epoca erano:

"Ma vuoi mai che non ci sia qualcuno
che un giorno possa venire qui

e si interessi a questo caso?"

Qualcuno che dica:

"È impossibile
che questa vicenda sia reale.

E che magari sia interessato
a scoprire qualcosa."

- E così è stato.
- Così è stato.

PER TUTELARNE
LA RISERVATEZZA E L'INTEGRITA',

L'IDENTITA' DEI MINORI
È STATA PROTETTA

ATTRAVERSO L'UTILIZZO
DI NOMI DI FANTASIA